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martedì 20 ottobre 2009

2 litri per 100 chilometri. L'auto del futuro nasce a Varese

SALTRIO Il motore gira sempre a regime minimo e accelera solo con il cambio marcia. Con la frizione che, banalmente, funziona al contrario: si pigia in fase di partenza e serve anche da acceleratore. È una nuova meccanica della trasmissione che riduce i consumi di almeno il 70%. Sembra fantascienza ma è tutto reale. E “La Provincia di Varese” per prima ha provato il prototipo su cui è stato istallato il rivoluzionario progetto. Siamo saliti a bordo e soprattutto ne abbiamo verificato l’efficacia in termini di consumi. A porte chiuse, ovviamente, all’interno dell’officina Ferrari di Cavaria, base per tutti i test. Il segreto lo hanno chiamato “New Global Traction” ed è un nuovo sistema di trazione automobilistica che, grazie a 2 semplici modifiche alla trasmissione tradizionale di qualunque autoveicolo a 2, 4 o più ruote, garantisce un risparmio in termini di consumi e, dunque, di inquinamento di oltre il 70%. Con una media di 2 litri per cento chilometri. E il brevetto internazionale è italiano, made in Varesotto. Frutto dell’ingegno e della caparbietà di un gruppo di amici. Dell’inventore di Saltrio, Leonardo Grieco, del responsabile dell’officina Ferrari di Cavaria, Mauro Raccanello, di Giuseppe Angilella di Campione d’Italia e di Claudio Pettenuzzo di Saltrio. Questa la squadra che ha in mente di cambiare il futuro del settore degli autoveicoli a livello mondiale. Il sistema permette, infatti, all’auto di accelerare solo per effetto del cambio di rapporto, senza usare l’acceleratore e mantenendo il motore al regime minimo di giri. Questo perché abbatte l’energia necessaria al movimento dell’auto con un classico effetto leva derivato dal decentramento dell’asse. L’energia cinetica recuperata consente così di abbattere sia i costi di gestione sia i gas di scarico emessi perché, di fatto, si usa una quantità di carburante di gran lunga inferiore al normale. Almeno il 70 percento in meno. L’idea è venuta proprio un gruppo di imprenditori della provincia di Varese che ha fondato una ditta, la Legimac, e presentato il progetto a importanti aziende europee suscitando, soprattutto in Germania, notevole interesse per una possibile produzione su larga scala. Ci sono contatti, infatti, con una grande industria del settore della componentistica per autoveicoli. Presto, inoltre, il progetto “New Global Traction” verrà illustrato anche a imprenditori statunitensi impegnati a raggiungere l’obiettivo di ridurre il surriscaldamento globale del pianeta come recentemente auspicato dal presidente americano, Barack Obama. E proprio sulla sua scrivania pare sia già arrivato questo progetto. Non si tratta dunque di un’utopia, “il sistema è stato già realizzato e collaudato e i risultati verificati”. “L'installazione del New Global Traction non stravolge la normale catena di montaggio delle vetture moderne - spiega Mauro Raccanello, uno degli inventori del meccanismo e imprenditore nel settore automobilistico, con alle spalle 30 anni di esperienza con la Ferrari - . Le aziende possono montare il meccanismo direttamente sulle macchine in produzione con costi che non incidono sul prezzo finale. Il vantaggio, però, sarebbe quello di creare un’automobile davvero moderna ed ecologica, dando un concreto contributo alla salvaguardia dell'ambiente”.


EFFETTO LEVA

“Datemi una leva e vi solleverò il mondo. E niente – chiarisce l’inventore del progetto Leonardo Grieco di Saltrio – è mai stato più vero delle parole di Archimede. Così proprio grazie ad una sorta di effetto leva abbiamo rivoluzionato il modo di concepire l’auto. Senza stravolgere niente e partendo da un presupposto fisico cioè quello che ognuno di noi può dimostrare a casa sua: per far girare una ruota la forza necessaria agendo sul suo centro è decisamente maggiore di quella che si impiegherebbe spostando l’asse verso il pneumatico”. Così con il decentramento del punto di trazione abbiamo ottenuto che la forza necessaria allo spunto in partenza e al cambio di marcia si riduca sostanzialmente di almeno 140 volte. “Stavo lavorando ad un altro progetto - chiarisce l’inventore di Saltrio – legato all’energia cinetica quando circa quindici mesi orsono è come se fossi stato folgorato da questa idea. Ne ho parlato con alcuni amici e ci siamo messi al lavoro”. Per i test necessari è stata così modificata un’auto tradizionale ma il sistema nasce per essere prodotto direttamente su nuove vetture. Giorni di lavori serrati, di produzione in proprio delle modifiche necessarie, di test sui consumi e sull’affidabilità della nuova trasmissione. Perché nell’officina di Cavaria non hanno dubbi. Il sistema è rivoluzionario, difficile da comprendere ma funziona. “Perché finora – conclude Grieco – si è sempre lavorato sulla limitazione dei consumi intervenendo sui motori. Qui invece è solo una questione meccanica e applicabile per questo ad ogni veicolo, indipendentemente dal tipo di carburante usato”.


FUNZIONA. PAROLA DI TECNICO FERRARI

Una vita nel mondo dell’automobile. 30 anni di esperienza con la Ferrari. Al punto che nel 1987 viene chiamato dalla scuderia per partecipare alla fondazione del Ferrari Club Italia voluto direttamente da Enzo Ferrari. Uno tra i soli 15 fortunati ad essere invitati alla corte di Maranello. Battezzati e nominati da subito e direttamente dal commendatore come i suoi “Sacerdoti dei motori”. E poi un giorno arriva la scoperta che tutto può cambiare. Che grazie all’invenzione di Leonardo Grieco e al “New Global Traction” l’auto non sarà più la stessa. Queste le sensazioni provate e vissute ancora oggi da Mauro Raccanello.

“All’inizio quando mi ha sottoposto l’idea ovviamente non ci potevo credere. Poi è bastato ragionare sui principi della fisica alla base del progetto. E tutto si è fatto più chiaro. Perché qui non stiamo parlando di strane alchimie è solo un nuovo modo di concepire tutto l’impianto della trazione, decentrandone il punto di attacco”.

Deve ammettere però che per noi profani dei motori e delle auto è tutt’altro che semplice accettare un’idea simile.

“Lo è stato anche per me. Che ho a che fare tutti i giorni con le Ferrari, le regine dall’auto. Niente di più complesso e affascinante. Eppure lei i test li ha visti. È salito a bordo, ha potuto misurare i consumi. Questa è una cosa che si può accettare solo provandola”.

Da qui arrivano le porte sbattute in facci soprattutto nella fase iniziale del progetto.

“Si, credo proprio di sì. Anche se c’è dell’altro. Non è facile e non lo sarebbe nemmeno per me accettare una simile rivoluzione soprattutto da parte di ingegneri che hanno sempre pensato al sistema di trazione in maniera tradizionale. Abbiamo fatto crollare le loro certezze. Non a caso coloro che primi hanno superato la diffidenza sono stati gli ingegneri aeronautici. Non chiamati in causa direttamente ma anche loro in possesso delle conoscenze necessarie a capire il progetto”.

Progetto che avete presentato anche alla Ferrari e alla Toro Rosso

“Senza ricevere attenzioni. Non hanno nemmeno voluto sentirne parlare. Invece in Germania, un’azienda del settore, ha subito colto al volo la valenza. È bastato un attimo affinché si interessassero e capissero. Anche perché se da un lato il sistema riduce i consumi dall’altro può essere sfruttato per incrementare le prestazioni. A parità di cavalli riusciremmo a far volare una Formula Uno”.


sabato 18 luglio 2009

Il Verbano e le Valli nella morsa del nubifragio

LAVENA PONTE TRESA Lavena Ponte Tresa in ginocchio, Laveno Mombello ferita, Mesenzana con gli impianti fognari collassati, Voldomino di Luino allagata. Il nubifragio, accompagnato da violente grandinate, si sposta verso il Verbano e le Valli del Luinese ma i risultati non cambiano: strade chiuse, smottamenti, frane, case invase da acqua e fango. E un bilancio dei danni che si fa ogni ora che passa decisamente più pesante. A pagare il prezzo più alto è stata Lavena Ponte Tresa. Prima con una violenta grandinata che a partire dalle 5.30 si è scatenata contro la cittadina rivierasca poi con il nubifragio che, prima delle 10.30, è stato capace di riversare qualcosa come 130 millimetri d’acqua. Risultato: reticolo idrico minore completamente saltato con i torrenti che attraversano Lavena fuori dagli argini e dritti nei piani inferiori delle case. Almeno una cinquantina quelle allagate. Al punto che il sindaco Pietro Vittorio Ronocoroni ha immediatamente chiesto lo “stato d’emergenza per calamità naturale”. Tre i torrenti esondati tra cui il Pianazzo e il Nariano che hanno causato i problemi maggiori in via Marconi, Pianazzo, Prada ma anche in Crocetta e via Campagna. Danni ingenti anche sul lungo Tresa nella zona della biblioteca comunale con negozi e spazi pubblici invasi dal fango e dall’acqua. Al lavoro così le squadre d’emergenza, con i carabinieri che dopo aver raggiunto per primi i luoghi più critici, hanno allertato il sindaco Pietro Roncoroni che ha coordinato i gruppi della Protezione civile poi rinforzati con altre unità arrivate da Varese, Venegono e Casciago. Fondamentale anche l’intervento dei vigili del fuoco che con in volontari hanno aiutato le famiglie delle case travolte dal torrente Pianazzo ad uscire dai piani inferiori, completamente inondati. In azione anche 8 le idrovore che nel corso della giornata hanno messo in sicurezza il corso dei torrenti, straripati tra le 6 e le 9. Con i residenti che si sono trovati l'acqua in casa e il giardino ricoperto dalla grandine. Per contenerli solo a Lavena i 5 gruppi di Protezione civile hanno creato una barriera di protezione utilizzando oltre 800 sacchi di iuta e sabbia. Problemi ingenti anche sulla rete stradale: chiusa per alcuni smottamenti e per evitare ulteriori rischi la provinciale 61 tra Ponte Tresa e Cremenaga. Anche il fiume Tresa è salito e la parte di montagna che costeggia la strada ha fatto scendere a valle detriti che hanno messo in allarme i tecnici della Provincia, che hanno optato per la chiusura della strada. Traffico bloccato poi per almeno due ore anche nella zona del valico per allagamenti sulla rete stradale del Malcantone che hanno paralizzato il flusso dei frontalieri. Critica per tutta la mattina anche la statale 233, che è rimasta bloccata per alcune dopo l'abitato di Marchirolo. Problemi in mattinata anche sp5, in Val Veddasca, all’altezza di Graglio dove alcuni rami impedivano la circolazione dei veicoli. Disagi lungo la Sp 69 Laveno-Castelveccana con la carreggiata invasa da terriccio. Sul posto hanno lavorato la polizia provinciale e i vigili del fuoco, mentre gli operai stradali con una ruspa hanno liberato in tre ore la strada interamente coperta di detriti. Danni ingenti nella frazione di Cerro e nella galleria di Laveno del Sasso Galletto per uno smottamento. Con le auto che sono rimaste bloccate nell'acqua e i conducenti salvati coi gommoni. Colpita pesantemente anche Luino: a Voldomino il torrente Maina è esondato travolgendo le roulotte del Luna Park in via Della Roggia dove i vigili del fuoco sono intervenuti per mettere in sicurezza alcuni mezzi. Almeno una decina, in zona, le case che si sono trovate l’acqua ai piani inferiori. Decine poi gli interventi, anche in viale Dante, per piante cadute o pericolanti. Pompieri al lavoro a Brezzo di Bedero dove delle piante sono cadute nel Parco Pasquè, Maccagno e Mesenzana. Qui ad andare in tilt sono state le fognature. Il paese, il più basso collegato alla rete consortile, si è visto infatti le proprie condutture ostruite dall’acqua dei paesi più alti con il risultato che nelle case si è riversato di tutto. Per tutta la giornata poi è stato dichiarato “sorvegliato speciale” anche il Rio Bolletta a Porto Ceresio. Situazione critica anche ad Arcisate: con i volontari e gli uomini della polizia locale che sono scesi sul torrente Riazzo e al Parco Lagozza per sistemare sacchi di iuta e sabbia e potenziare le barriere di protezione. Dopo i disastri di mercoledì scorso, il forte temporale di ieri mattina, ha fatto scattare infatti l'immediato allarme.


DISASTRI ENORMI: ALLAGATE CASE, STRADE E EDIFICI PUBBLICI
“L’emergenza sembra passata, almeno per ora, ma quelle di ieri mattina – spiega Pietro Roncoroni, sindaco di Lavena Ponte Tresa – sono state ore drammatiche. Il nubifragio ci ha messo in ginocchio ma siamo stati in grado di rialzarci e reagire, grazie alla nostra protezione civile, ai vigili del fuoco e ai gruppi di volontari che la Provincia ci ha inviato”. Perché l’acqua e il fango non hanno guardato in faccia a nessuno. Uscendo dai torrenti della frazione di Lavena, infilandosi nelle case, nei giardini, negli edifici pubblici, come in biblioteca o nel magazzino comunale, nei negozi. Hanno costretto i residenti alla fuga. “Qualcosa di veramente violento. Con la furia della grandine che ha colpito pesantemente tutta la nostra cittadina e una quantità d’acqua impossibile da contenere che è scesa subito dopo – conferma il primo cittadino -. Questo però non ci ha tolto la forza di reagire: di mettere in salvo le persone in pericolo e di contenere la furia dei torrenti. Certo la conta dei danni è pesantissima”. Diverse centinaia di migliaia di euro almeno per le strutture pubbliche: biblioteca, magazzino, scivolo di risalita dei pesci. Altrettanti per le abitazioni private. “Abbiamo immediatamente fatto richiesta per lo stato d’emergenza – assicura Roncoroni – e siamo sempre in contatto diretto con la Prefettura e con i volontari, le forze dell'ordine e i vigili del fuoco che hanno operato tempestivamente”. Stessa richiesta inoltrata anche da Alberto Rossi, sindaco di Mesenzana. “Il nostro problema – chiarisce – aldilà degli smottamenti che fortunatamente non hanno interessato edifici o abitazioni è legato alle fognature. Sono completamente saltate e non per colpa nostra”. Il problema è tanto grave quanto semplice: Mesenzana paese più basso del sistema consortile ha subito il sovraccarico di tutta la rete. “Noi che abbiamo la separazione tra acque chiare e scure – aggiunge – paghiamo per i ritardi degli altri e i nostri cittadini ne subiscono le pesantissime ripercussioni”. A Luino, dove gli alberi caduti e l’acqua hanno creato disagi a Voldomino e alle strutture del Luna Park, ora preoccupa il Tresa. Se al momento i danni sono limitati ad una decina di abitazioni con i piani inferiori allagati pesa il rischio esondazione. “Il Tresa è gonfio d’acqua e pieno di detriti – spiega il sindaco Gianercole Mentasti – e questo ci preoccupa, e non poco. Lo stiamo tenendo d’occhio costantemente con l’auspicio che il maltempo ci conceda una tregua anche perché ora è pericolosamente vicino al limite di sopportazione degli argini”.

“ACQUA E TERRORE”
Prima la grandine che l’ha fatta sobbalzare dal letto. Poi l’acqua alle caviglie. È stato un risveglio drammatico quello di Concetta Kamann, 89 anni oggi. La sua è stata la prima casa, in via Pianazzo, ad essere travolta dalla furia del torrente uscito dal suo letto. Così, anche per lei come per gli altri, carabinieri, protezione civile e vigili del fuoco hanno disposto l’evacuazione. “Un frastuono enorme – ricorda – con l’acqua sul pavimento e le sirene. Loro mi hanno aiutato ad uscire”. Nei suoi occhi ancora la paura per il pericolo corso. “Non è la prima volta – racconta – perché anche nel 95 siamo dovuti scappare dall’acqua. Ma ieri è stato decisamente peggio”. Identica la situazione in via Prada. Un caseggiato, interno, con dieci famiglie che preucazionalmente sono state costrette ad abbandonare le loro case la mattina per ritornarvi solo dopo diverse ore. “Quando ci siamo svegliati per la grandine – spiegano – che ha distrutto auto e alberi al piano terra avevamo già diversi centimetri d’acqua”. Un fiume gli è entrato in caso e ha devastato locali trascinando via oggetti e arredamenti. “E ora – spiegano i lavenesi – non resta che ripulire. Svuotare i locali dall’acqua e iniziare la conta dei danni”. Pesanti con almeno cinquanta famiglie con gli arredamenti a pezzi e gli impianti gravemente compromessi. Se la sono vista brutta a Voldomino anche le persone del Lunapark. “Attori di uno spettacolo viaggiante”, come si definiscono, si sono svegliati con la piana di Voldomino e le roulotte piene d’acqua. “Tanta paura – confermano – ma la situazione si è poi risolta nel giro di breve”.


A PORTO CERESIO 2,6 MILIONI DI DANNI
Un conto salatissimo. Da 2 milioni e 600 mila euro. Questo è il bilancio dei danni del nubifragio di mercoledì nel solo comune di Porto Ceresio. Il comune che con Induno, con una richiesta di rimborsi pari a 2 milioni di euro paga il prezzo più alto in Valceresio per i danni del maltempo. E poteva andare anche peggio. Decisamente peggio. Se solo il bacino di laminazione sul torrente Rio Bolletta non avesse retto. Sottoposto ad un “collaudo” eccezionale a lavori ancora in corso ha fatto la sua parte salvando non solo il rione San Pietro ma buona parte di Porto Ceresio. “Grazie all’invaso d’emergenza – chiarisce il primo cittadino Giorgio Ciancetti che da mercoledì è ininterrottamente al lavoro sui luoghi critici con l’assessore alla Protezione civile, Valter Corte – qualcosa come centomila metri cubi di acqua sono stati contenuti e poi rilasciati gradualmente. Quantità che hanno ridotto la portata del fiume di almeno il 50%: un valore che si è rivelato fondamentale per contenere l’ondata di piena”. Ciononostante i danni alle infrastrutture sono stati notevoli. “Ma il paese si è salvato – conferma Ciancetti – altrimenti sarebbe stata una catastrofe”. Ad essere decisivi anche gli interventi nel tratto urbano dei condotti di deflusso che sono riusciti a smaltire qualcosa come 50 metri cubi di acqua al secondo. Resta comunque la preoccupazione, sotto il profilo dei collegamenti stradali, per la situazione della provinciale 61. Giovedì mattina, dopo che nella notte la struttura è andata in contro ad un altro cedimento che ha obbligato le ruspe ad abbattere la parte più pericolante, sono state effettuate le prove statiche sul ponte del Rio Bolletta e anche ieri la circolazione è proseguita a senso unico alternato. Impossibile del resto fare diversamente con metà carreggiata del ponte crollata e poi rimossa dalla ditta che sta effettuando i lavori sul fiume in accordo con il comune. Fondamentale poi il presidio del Nucleo mobile di Pronto intervento guidato da Paolo Cazzola nel costante monitoraggio della situazione. Completamente fuori uso, invece, il tronco di provinciale, la Sp 61 dir., che collega Cuasso al Piano con Porto Ceresio. L’arteria chiusa in attesa dell’apertura dopo i lavori di consolidamento degli argini del Bolletta, torrente che già in passato era esondato all’altezza del rione San Pietro a Porto Ceresio, si è letteralmente sbriciolata sotto il peso dell’acqua. Metà carreggiata è scomparsa e i lavori dovranno giocoforza essere ricostruita.

venerdì 17 luglio 2009

L'acqua e il fango feriscono la Valceresio. Bock compresa

PORTO CERESIO Dopo il nubifragio, la conta dei danni. In Valceresio è tempo di verifiche e di controlli lungo la scia del nubifragio che ha letteralmente devastato Induno Olona, Valganna, Arcisate, Bisuschio, Porto Ceresio. Cinque comuni per i quali è già stato riconosciuto lo “stato d’emergenza per calamità naturale” e che ora sono chiamati ad affrontare la fase successiva e stilare una lunga lista di interventi indifferibili per un ritorno alla normalità che sia il più rapido possibile. Con comparti produttivi paralizzati, macchinari inutilizzabili e case gravemente danneggiate dall’acqua e dal fango che si sono riversati all’interno non c’è tempo da perdere. Per non paralare delle infrastrutture come strade e ponti, compromesse, inghiottite o addirittura crollate sotto il peso dell’alluvione.

A preoccupare, sotto il profilo dei collegamenti stradali, è la situazione della provinciale 61 a Porto Ceresio. Ieri mattina, dopo che nella notte la struttura è andata in contro ad un altro cedimento che ha obbligato le ruspe ad abbattere la parte più pericolante, sono state effettuate le prove statiche sul ponte del Rio Bolletta. E gli esiti sono tutt’altro che tranquillizzanti. “Per ora abbiamo deciso di mantenere il senso unico alternato e il divieto di transito di mezzi pesanti e autobus – ha dichiarato l’Assessore alla Viabilità Aldo Simeoni – . In caso di abbondanti piogge nelle prossime ore, vieteremo la circolazione di tutti i mezzi. In ogni caso la situazione è costantemente monitorata dai tecnici del mio assessorato”. Ma l’impressione è che il ponte, così com’è, debba essere completamente rifatto. Stessa sorte per la strada, la Sp 61 dir., che collega Cuasso al Piano con Porto Ceresio. L’arteria chiusa in attesa dell’apertura dopo i lavori di consolidamento degli argini del Bolletta, torrente che già in passato era esondato all’altezza del rione San Pietro a Porto Ceresio, si è letteralmente sbriciolata sotto il peso dell’acqua. Metà carreggiata è scomparsa e i lavori dovranno giocoforza essere ricostruita. Ad Induno ed Arcisate, invece, anche ieri le pompe hanno lavorato senza sosta per liberare fabbriche e abitazioni, prevalentemente scantinati e garage, dall’acqua e dal fango. Nel rione Olona, in via Buccari, come in largo Bulgheroni, passando per via Porro, Foscarini, Monte Generoso, Brughiera, fino a via Ferrarin. Pressoché ultimato lo svuotamento del parcheggio coperto dell’Esselunga. Operazioni intense di ripristino anche ad Arcisate in via Oberdan e Cavour, colpite dall’esondazione del torrente Riazzo. Sotto osservazione anche Piamo di Bisuschio e le vie Matteotti e Rimembranze. In tutto decine e decine di case allagate con centinai di famiglie alle prese con auto distrutte e piani inferiori danneggiati, compresi tutti gli impianti. Danni per migliaia di euro che solo nelle prossime ore sarà possibile stimare. “Prima – fanno sapere i sindaci – è giusto concentrarsi sul ripristino della funzionalità di case e servizi”. E per superare la fase più critica è stato fondamentale il lavoro di squadra: vigili del fuoco, carabinieri, polizia, tecnici comunali e soprattutto volontari della protezione civile. Uomini che anche ieri sono rimasti in prima linea nelle zone colpite dal violento nubifragio. La macchina dei soccorsi, coordinata dalla Prefettura in sintonia con il corpo di Protezione civile, ha funzionato al meglio e con efficacia, anche grazie al prezioso supporto delle organizzazioni di volontariato. “Voglio sottolineare l’efficacia operativa della nostra Protezione civile che,- ha evidenziato anche che anche l’assessore provinciale alla Sicurezza e protezione civile Rienzo Azzi - ha dimostrato capacità di coordinamento con i vari livelli amministrativi e di intervento concreto dove vi era evidente bisogno”. Gli uomini impegnati sono intervenuti negli edifici allagati e in particolare sono state effettuate operazioni di rimozione d’acqua in circa 50 strutture, tra abitazioni private e le 2 scuole di Arcisate e Brenno.


DANNI PER MILIONI DI EURO

Milioni di euro di danni. Tra proprietà pubbliche e private. In Valceresio è scattata la corsa alle richieste di risarcimento. Ieri a Induno, per buona parte della giornata in municipio si è fatto il punto della situazione. Raccogliendo segnalazioni dei cittadini e analizzando le strade da percorrere per l’ottenimento dei fondi necessari al ripristino. Vie e procedure che saranno rese note dopo che il decreto del Governo sullo “stato d’emergenza” sarà pubblicato. Fondamentale anche il lavoro dei tecnici comunali perchè alcune situazioni sono di vera emergenza, come la messa in sicurezza dell’Olona all’ingresso dello stabilimento Carlsberg. “Sicuramente bisognerà intervenire in fretta – chiarisce il sindaco indunese Maria Angela Bianchi – e per questo abbiamo già informato l’Aipo, l’Agenzia interregionale del fiume Po che è competente. Peraltro i lavori alle Grotte messi a punto per i mondiali hanno retto, il problema ora è nel tratto che score coperto: situazione che avevamo segnalato insieme al Parco del Campo dei Fiori”. Senza contare i danni alle infrastrutture e agli edifici comunali. “Qualcosa come 2 milioni di euro – chiarisce il sindaco – : dal centro polivalente, alle scuole, gli impianti elettrici da rifare, passando per strade e sistemi di scolo”. Ingentissimi anche i danni dei privati: case, negozi, garage. Per questo il comune è a disposizione per le segnalazioni e le richieste di risarcimento con almeno un centinaio di famiglie che saranno alle prese con le procedure. Si lavora a pieno ritmo anche in comune ad Arcisate dove il sindaco Angelo Pierobon è impegnato in prima persona nel seguire le operazione di ripristino. “Devo dire che siamo riusciti a contenere bene il Riazzo prima che invadesse il centro storico – chiarisce Pierobon – e per questo anche le ripercussioni sul patrimonio comunale sino minori rispetto a quanto accaduto ad Induno”. Le prime stime parlano di quasi duecentomila euro. Impegnato nel monitoraggio della situazione anche Silvano Pisani, primo cittadino di Bisuschio. “L’accoglimento dello stato di calamità è il primo passo – conferma – il prossimo sarà quello di stendere un preciso bilancio dei danni. Dopodiché ci attiveremo per ottenere il possibile per ripristinare le infrastrutture e aiutare i cittadini colpiti”.


INDUNO OLONA: IL BIRRIFICIO PORETTI SEPOLTO DALL’ACQUA

“Siamo in una situazione catastrofica con l’incubo che oggi si possa ripetere il disastro di mercoledì”. Sono ore drammatiche queste allo stabilimento Carlsberg Italia, il glorioso burrificio Poretti, di Induno Olona. Perché oltre alla conta dei danni, che diventano ogni ore più devastanti nel pieno della stagione produttiva, il timore adesso è quello per le piogge annunciate in giornata. Ecco perché ieri si è lavorato su due fronti: parte degli operai, con la produzione ferma, si è dedicata al ripristino degli ambienti di lavoro, per liberarli dal fango e dall’acqua che hanno risparmiato davvero pochi punti dello storico stabilimento, gli altri al fiume Olona. “Giocoforza ci siamo dovuti prendere cura – chiariscono dalla Carlsberg – del letto del fiume che scorre in trincea al di sotto del complesso industriale. Lì la furia dell’acqua aveva trascinato di tutto da rami a pietre che rendevano il passaggio complicato. Adesso siamo riusciti a liberarlo ma la situazione all’imbocco, complice la frana che si è staccata all’altezza di Bregazzana, ci mette seriamente a rischio”. Perché quella dell’Olona in Valganna è una situazione che già da tempo è sotto gli occhi degli amministratori e dei responsabili dello stabilimento. “Purtroppo quello che è successo è stato senza dubbi un evento eccezionale ma – ribadiscono i vertici dell’azienda – dobbiamo abituarci a queste precipitazione e intervenire subito”. Perché adesso ogni precipitazione è un rischio altissimo. “Nostro malgrado – spiega Alberto Frausin, Amministratore Delegato di Carlsberg Italia – dobbiamo continuare a fare i conti con la spada di Damocle data da un letto del fiume non pulito che potrebbe causarci ulteriori danni di questo tipo. Da sempre la cura di questo stabilimento è per noi un fiore all'occhiello ed anche un impegno quotidiano e fondamentale e i recenti investimenti ne sono una diretta riprova. Ci troviamo però a pagare le colpe di chi non ha messo lo stesso impegno nel garantire la messa in sicurezza dell'ambiente che ci circonda. Come se non bastasse il nubifragio di mercoledì ha modificato il letto del fiume Olona e se non verranno fatti interventi urgenti e prioritari anche un evento meteorologico di portata molto inferiore rispetto a quello rischia di causare una nuova chiusura non solo del nostro stabilimento ma anche delle altre realtà produttive qui vicino, che da sempre ricoprono un ruolo importante nell'economia della zona. Ci troviamo in uno stato di estrema gravità e confidiamo davvero di trovare nelle istituzioni il necessario supporto”. Senza contare i danni, “da catastrofe”, già subiti dalla Carlsberg. “Per ora non siamo ancora stati in grado di quantificarli – sottolineano – ma la situazione è gravissima. Lo stabilimento rimarrà chiuso come minimo fino a lunedì prossimo per poter asciugare e pulire ogni singola zona mentre nelle prossime ore verificheremo gli eventuali danni a macchinari e strutture causati da una quantità di acqua e fango. Certo è che nel culmine della stagione è per noi un danno terribilmente pesante”.

mercoledì 15 luglio 2009

Inferno d'acqua in Valceresio. Case, aziende e strade invase dal fango

INDUNO OLONA La pioggia, come mai se n’era vista da queste parti, e il fango hanno messo in ginocchio Varese e la Valceresio. Con Induno Olona letteralmente prostrata sotto il peso dei detriti e del terriccio misto ad acqua che ha invaso case, aziende e strade. Lì come ad Arcisate, Cuasso al Monte e Porto Ceresio la furia del nubifragio si è fatta sentire con tutta la sua potenza distruttiva che non ha risparmiato infrastrutture e centri abitati. Trascinando auto, infiltrandosi nei garage e trasformandoli in vere e proprie trappole. Con le frane che in più punti hanno paralizzato la circolazione mettendo seriamente a rischio l’intero asse viario da Porto Ceresio alle porte di Varese. Un fondovalle diventato, tra le 7 e le 9, una vera e propria palude per chi, suo malgrado, ci è capitato dentro. Con danni ingenti, ancora da calcolare, che hanno spinto i sindaci a invocare lo “stato di calamità naturale”. Una richiesta rilanciata immediatamente anche dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. E puntualmente concessa, grazie al filo diretto con il ministro dell’Interno Robero Maroni, dal Consiglio dei ministri di ieri mattina che ha deliberato “lo stato di emergenza”.
Tutta colpa di una precipitazione eccezionale, qualcosa come 155 millimetri di pioggia caduti in due ore con un’intensità fuori dal comune. Un flusso, come normalmente si registra in un intero mese di aprile piovoso, concentrato in poco più di 120 minuti. Così a farne le spese sono stati inizialmente i corsi d’acqua, i fiumi maggiori come l’Olona e tutti i torrenti valceresini del reticolo idrico minore letteralmente saltato sotto il peso dell’acqua. Poi a collassare è stata la rete fognaria.
Ad Induno, l’Olona è così esondato all’altezza della diga di Bregazzana, insinuandosi prima nello stabilimento della Carlsberg, devastato dal maltempo, e arrivando poi a scorrere, fuori dal suo letto, in largo Bulgheroni. Lì ha letteralmente trascinato le auto posteggiate nell’area della Lindt ricoprendole di fango e detriti. Dal monte Monarco, invece, centinaia di metri cubi di terriccio e pioggia sono scesi a valle. Invadendo casen giardini e scantinati e scendendo dalle strade laterali fino al cuore di Induno Olona. Nel giro di alcuni minuti il centro della cittadina della Valceresio si è trasformato in un campo di battaglia. Con l’acqua che ha scavato veri e propri crateri in via Porro e centimetri di fango che si sono depositati sulla direttrice che taglia il centro di Induno Olona. Enorme il rischio corso da un’ambulanza rimasta intrappolata nell'acqua e nel fango con a bordo un ferito. Solo il pronto intervento dei soccorsi, infatti, ha evitato il peggio. Stessa sorte per le vie San Giorgio, Milano, Foscarini e Tabacchi e l’area della stazione ferroviaria. Disastro anche in via Monte Generoso e Brugheria con un’ottantina di famiglie alle prese con un metro e mezzo d’acqua che ha invaso cortili, garage e piani inferiori delle case. Con le auto sepolte dall’acqua e dal fango. Un quadro identico a quello vissuto all’Esselunga di Induno Olona: qui il piano interrato del posteggio è stato completamente occupato dall’acqua che ha intrappolato senza scampo le auto all’interno. E solo per fortuna i proprietari sono riusciti ad abbandonarle in tempo.
Caos anche in Valganna dove una frana 6 metri cubi di terra si è riversata sulla strada all'altezza del laghetto di pesca sportiva mentre un’altra a paralizzato la situazione all’altezze delle Grotte. Disagi risolti poi nel primo pomeriggio. Paralisi, fino a metà mattinata, anche alla rotonda del Broglio dove un autocarro è rimasto bloccato ed è stato rimosso grazie all'intervento della polizia stradale.
Sotto scacco anche Arcisate con la circolazione bloccata fino alle sulla statale 344 mentre sono state pesanti le conseguenze dell’esondazione del torrente Riazzo. Allagate case e scantinati in via Oberdan e in via Cavour con diverse aziende invase dai detriti e dal fango. Attimi di terrore per uno smottamento sulla linea ferroviaria tra Arcisate e Induno Olona. A cedere una parete della massicciata e solo i riflessi dei macchinisti del convoglio in transito sono riusciti ad evitare il peggio. A Porto a fare paura è stato il Rio Bolletta che ha inghiottito la carreggiata della “Sp 61 dir” appena rifatta e pronta per essere inaugurata e minato la stabilità del ponte sulla Sp 61 in direzione di Ponte Tresa. Pesante la conta dei danni anche a Cuasso al Monte con decine di case allagate, sopratutto nella zona di Madonna in Campagna, e problemi all’ospedale dove un fulmine ha mandato in tilt i telefoni. Un quadro di devastazione complessiva che ha spinto anche Roberto Reggi, sindaco di Piacenza e responsabile Anci per la Protezione civile ad “esprimere la vicinanza di tutti i comuni italiani alle realtà del Varesotto colpite dal nubifragio”.

UN FIUME DI FANGO ALLA PORETTI
Quando l’Olona ha superato la diga di Bregazzana nello stabilimento della Carlsberg, il glorioso birrificio Poretti di Induno, è stato un inferno d’acqua. Immediato, verso le 7 di mattina, è così scattato l’allarme. “Abbiamo immediatamente tolto corrente – fanno sapere i dirigenti del burrificio – e bloccato il processo produttivo. Ma l’eccezionalità dell’evento ha fatto sì che le acque tracimassero, invadendo buona parte della superficie produttiva”. Tutto lo stabilimento è stato così allagato con l’acqua e il fango che ha raggiunto anche il metro d’altezza. “La situazione – sottolinea Alberto Frausin, amministratore delegato di Carlsberg Italia – è catastrofica. Lo stabilimento rimarrà chiuso come minimo fino a lunedì per poter asciugare e pulire ogni singola zona. Inoltre sarà poi necessario verificare gli eventuali danni a macchinari e alle strutture. Da sempre la cura è per noi un fiore all'occhiello ed anche un impegno quotidiano e fondamentale e i recenti investimenti ne sono una diretta riprova. Adesso però ci troviamo a pagare le colpe di chi non ha messo lo stesso impegno nel garantire la messa in sicurezza dell'ambiente che ci circonda”. Allarme così esteso a tutto il letto del fiume Olona. “Il nubifragio lo ha modificato e – prosegue Frausin - se non verranno fatti interventi urgenti anche un evento meteorologico di portata molto inferiore rispetto a quello di ieri rischia di causare una nuova chiusura non solo al nostro stabilimento ma anche delle altre realtà produttive vicine. Ci troviamo in uno stato di estrema gravità e confidiamo davvero di trovare nelle istituzioni il necessario supporto anche perché siamo nel culmine della stagione e per noi questo è un danno terribilmente pesante”.

ALLAGATA ARCISATE
Il maltempo si mette di traverso, sui binari, dell’Arcisate – Stabio. Complice l’autentico nubifragio che dalle 7 alle 9 si è abbattuto sulla Valceresio, coinvolgendo diverse aziende e abitazioni, invase dall’acqua, è stata inevitabile la decisione del rinvio presa dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco, Angelo Pierobon. “Non potevamo fare altrimenti – chiarisce il sindaco – visti i problemi che si sono registrati con decine di case allagate, specialmente nei piani inferiori e negli scantinati, e altrettante fabbriche bloccate dall’acqua. La nostra priorità logistica non poteva che andare a loro e così è stato”. Rinviata al prossimo 24 luglio dunque la celebrazione per l’inizio dei lavori per il collegamento ferroviario transfrontaliero tra Lugano e Malpensa, via Arcisate e Varese. Intanto è iniziata la conta dei danni. Ad essere allagata proprio l’area della Bolla, dove si sarebbe dovuta tenere la cerimonia. Sott’acqua anche il parco Lagozza, e diverse e abitazioni nella zona industriali e in via Cavour. “Dire che siamo stati sfortunati è poco - spiega il primo cittadino Angelo Pierobon – ma la priorità nei nostri interventi è andata alla popolazione e agli insediamenti produttivi. Del resto sarebbe stato impossibile far fronte all’emergenza maltempo e contemporaneamente assicurare il regolare svolgimento della manifestazione”. Ma non solo. Perché il bilancio del nubifragio ad Arcisate riguarda anche l’area del torrente Riazzo, che dopo essere esondato ha allagate le aree circostanti, e via Oberdan. Pesanti anche i disagi alla viabilità con la statale 334 interrotta fino alle 9 e crateri comparsi a macchia di leopardo sulle principali direttrici. Momenti di panico anche sulla linea ferroviaria paralizzata per tutta la giornata a causa di uno smottamento della massicciata. Il treno in arrivo, fermatosi fortunatamente in tempo, è poi rimasto bloccato per diverse ore.

A PORTO FRANANO STRADE E PONTI
Terrore e danni sulle sponde del Rio Bolletta. Il torrente, che già in passato aveva portato danni e distruzione a Porto Ceresio, anche ieri mattina ha fatto la sua parte. Complice un nubifragio senza precedenti riversatosi sulla Valceresio dalle 7 alle 9 di mattina il torrente ha scatenato tutta la sua furia. Prima inghiottendo parte della nuova carreggiata, ancora da inaugurare, della “Sp 61 dir.”. Una strada appena rifatta proprio per consentire il rinforzo antiesondazione degli argini. Così se il fiume, nonostante il tentativo di trascinare a valle un muro di contenimento è rimasto imbrigliato, a pagare il pesantissimo dazio è stata la nuova strada. Letteralmente sbriciolata dalla base dalla forza dell’acqua che l’ha fatta franare nel corso d’acqua. Pesanti così i danni di un cantiere che ormai da anni fatica a trovare pace. Delicatissima anche la situazione sul ponte della Sp 61 all’altezza della foce del Rio Bolletta. Il maltempo che nella prime ora della mattinata ha provocato danni e disagi ha causato anche un cedimento di circa 10 centimetri. Sul posto sono subito intervenuti i tecnici della Provincia di Varese che hanno valutato l’opportunità di istituire immediatamente un senso unico alterato. E’ stata inoltre vietata momentaneamente la circolazione di mezzi pesanti e autobus. Al lavoro anche gli uomini dell’assessorato provinciale alla Viabilità che stanno monitorando costantemente la situazione. Situazione che si complica ulteriormente anche sotto il profilo dei collegamenti con Cuasso e per Ponte Tresa con le due arterie, una in procinto di essere riaperta, l’altra utilizzatissima, ora messe Ko. “Stiamo monitorando la situazione da vicino – chiariscono sia il sindaco di Porto Ceresio, Giorgio Ciancetti, sia il presidente della Comunità montana della Valceresio, Ivan Andreoletti – e abbiamo già allertato la Provincia, competente su entrambe le direttrici”. Problemi anche in paese a garage, scantinati e piani inferiori delle abitazioni mentre ha retto la serie di argini sul Rio Bolletta, con il rione San Pietro che ha subito solo al minimo la furia delle precipitazioni. “La questione del ponte – conclude però Andreoletti – è veramente preoccupante. Speriamo solo che anche questo intervento tramite la Provincia rientri nello stato d’emergenza”. Bloccata, invece, per tutta la giornata la linea ferroviaria per Varese con collegamenti sostitutivi via autobus in direzione di Varese.

mercoledì 8 luglio 2009

Treni merci: 1,9 milioni di tonnellate di rischio sulla Bellinzona - Luino

LUINO I vagoni cisterna sono di casa sulla Bellinzona – Luino – Gallarate. Sbucano dalla galleria del San Gottardo e passano per la stazione di Bellinzona. Poi le merci pericolose si dividono. Seicentomila tonnellate imboccano ogni anno la rampa del Ceneri, scavalcano il Ceresio sul ponte di Melide e si fermano a Chiasso. Le restanti 1,9 milioni di tonnellate, invece, vanno via dritte. Lungo quel binario unico che, passando per il Gambarogno arriva al confine di Ranzo. Da li transitano per Pino, Colmegna, fino a Luino e poi via verso Laveno Mombello e Gallarate. Diretti agli snodi di trasbordo, dove le merci vengono caricate su autocarri. Da nord a sud. E viceversa. Più volte al giorno. Per trecentosessantacinque giorni l’anno. Almeno cinque carichi ogni ventiquattro ore per 1,9 milioni di tonnellate potenzialmente a rischio ogni anno. Tutte di passaggio nel cuore di Luino, Laveno Mombello e Castelveccana. Questa è la mappa del rischio sulle rive del Verbano. Convogli del tutto simili, almeno nell’aspetto, a quello che l’altro ha causato il tragico incidente di Viareggio. “Ma decisamente più sicuri” assicurano dalle Ffs, le Ferrovie federali svizzere che hanno la competenza sulla tratta fino a Luino. Dove oltre alle cisterne di Gpl, l’acido solforico, il propilene, lo zolfo liquido e poi i carri di benzene, toluolo, ammoniaca, cloro, quelli delle munizioni, ci sono tutti gli altri convogli “normali”. Serpentoni che arrivano fino al chilometro e mezzo l’uno e che, ad un ritmo medio di 75 al giorno, affollano una linea che è rimasta sostanzialmente la stessa dal 1882 e che porta sulle spalle il peso dei suoi 127 anni di storia. A migliorare sono state le contromisure. “Sulla gran parte dei convogli – assicurano dalle Ffs - sono installati rilevatori antideragliamento e la loro struttura è rinforzata per scongiurare perdite anche in caso di incidenti”. Sulla tratta, poi, sono posizionati rilevatori in grado di fermare quei treni le cui carrozze hanno assi surriscaldati. Quello di riferimento per la Bellinzona – Luino è sempre in Ticino a Cadenazzo. Assicura che nessun treno con i freni bloccati o con assi roventi possa transitare oltre. In ogni caso anche lungo la Bellinzona – Luino sono passati, fino alle scorse ore, i vagoni speciali dell’austro-tedesca Gatx, ora bloccati per ordine di Rfi, che si dividono il mercato con la svizzera Vascosa, la tedesca Vtg e la francese Ermewa. Resta poi aperto il problema della fase d’emergenza. Con il rischio che passa in mezzo ai paesi, a pochissimi metri dalle case, su un tracciato pensato 127 anni fa, e in gallerie scavate a mano e senza uscite di sicurezza per tratti che in alcuni casi arrivano anche a sfiorare i quattro chilometri. “Ci sono gallerie che sono quasi impossibili da raggiungere con i mezzi di soccorso – spiega Ercole Ielmini, sindaco di Laveno - ad esempio all'uscita del tunnel tra Laveno e Castelveccana. Solo dopo tre incontri, davanti al Prefetto, dalle Ferrovie sono arrivati i primi documenti”. E nelle case che costeggiano i binari, costruite in gran parte quando il traffico era molto minore, e ora la convivenza sta diventando parecchio difficile. “Non vogliamo essere impreparati all’emergenza – evidenziano i sindaci di Laveno, Castelveccana e Luino - e nemmeno subire passivamente eventuali situazioni ad alto rischio”.

LA MAPPA DEL RISCHIO
“L’unico treno sicuro al cento per cento è quello che non viaggia”. Parole che arrivano direttamente dall’Ufficio federale dei trasporti elvetico, e che da sole rendono l’idea della realtà. Perché dopo la catastrofe di Viareggio anche lungo i binari della Bellinzona – Luino ci si interroga sulla sicurezza dei convogli e sui potenziali rischi per la popolazione. E i timori non mancano. La tratta, gestita dalle Ferrovie federali svizzere e da Rfi, con Con Ffs Cargo e Sbb Cargo come vettori principali, ha nel trasporto merci la sua vera vocazione. Con volumi davvero notevoli che parlano di 75 treni merci al giorno da 1600 tonnellate che continuano a generare polemiche per il rumore dei treni, per la loro velocità di transito nei paesi e per le vibrazioni che causano danni alle abitazioni che si affacciano sulla linea. Una tratta che attraversa i nuclei abitati, con i convogli ferroviari che arrivano anche al chilometro e mezzo di lunghezza e percorrono "corridoio”, a binario unico nel tratto che costeggia il Verbano, a ridosso delle case passando per il centro di paesi e città. Circostanza che ha spinto, proprio all’inizio dell’anno, i sindaci italiani a chiedere un confronto urgente con gli operatori del trasporto merci proprio per riportare d’attualità la questione sicurezza. Del resto, anche negli ultimi anni, non sono mancati gli incidenti che hanno visto protagonisti i treni in transito. Già il 23 novembre 2006, infatti, a Luino si era vissuta l’emergenza per la fuoriuscita di liquido infiammabile - acetato di etilene - dalla cisterna di un treno merci fermo sui binari. Il 30 ottobre 2007, invece, il pericolo si era corso a Bellinzona, dove un’altra cisterna su un convoglio diretto a Luino e poi verso Gallarate ha perso etilene stabilizzato, una sostanza che serve alla produzione della plastica. Rischio altissimo, fortunatamente scongiurato, anche il 31 ottobre del 2008 a Laveno Mombello: un principio di incendio si è sviluppato su di un treno merci che trasportava sostanze chimiche tossiche. Sul convoglio, della lunghezza di circa 500 metri, si è verificato un problema al locomotore. Il treno stava impegnando la galleria tra Laveno Mombello e Castelveccana alle 5.30, quando il personale ha notato del fumo in cabina. A quel punto i due macchinisti hanno arrestato il treno per poi scappare percorrendo circa 600 metri all’interno del tunnel. E in caso di scoppio i soccorsi sarebbero stati difficilissimi. L’ultimo in ordine di tempo è avvenuto a San Nazzaro, in Canton Ticino, il 5 novembre scorso. Quando uno smottamento ha causato il deragliamento di un treno composto da due macchine di trazione e da 23 carri-merci. Pericoli contenuti dal pronto intervento, in tutti casi, ma abbastanza vicini da scatenare polemiche sulle sostanze che vengono trasportate nelle cisterne che transitano su questa linea, in alcune zone, a pochi metri dalle case. Il tutto in una complessa rete di gestori diversificati: quelli tratta, del materiale rotabili, delle motrici merci e dei convogli.

SI RISCHIA CINQUE VOLTE AL GIORNO
Cinque convogli con merci pericolose al giorno. Questo il dato che si desume dall’analisi empirica dei dati delle ferrovie sulla tratta Bellinzona – Luino. Una statistica che si riferisce al 2008. I dati riferiti alla scorsa stagione rivelano, infatti, che le merci pericolose trasportate in treno rappresentano il 7% di tutte quelle che viaggiano su rotaia: tre milioni di treni/chilometro (unità di misura che moltiplica il numero dei treni per la distanza percorsa da ogni convoglio) su un totale di 50 milioni. Vale a dire: dei 700 treni merci che circolano ogni giorno in Italia, 35 trasportano sostanze pericolose. Di questi i più numerosi sono quelli con un carico di Gpl: 10-12 nella stagione invernale, 6-7 in quella estiva. Attraversano l’Italia da Ovest a Est e da Nord a Sud utilizzando, quindi, come direttrice anche la Bellinzona – Luino. Sostanzialmente in linea, infatti, anche su questa direttrice la percentuale dei carichi “a rischio”. Il che tradotto sui 75 convogli medi giornalieri identifica a 5 i carichi giornalieri potenzialmente pericolosi. Tra questi la sostanza maggiormente trasportata su rotaia è proprio il Gpl. Tra le più pericolose in assoluto c’è poi l’acido solforico, e a seguire il propilene, lo zolfo liquido e poi ci sono i carri di benzene, toluolo, ammoniaca, cloro. Spetta alla società committente predisporre una sorta di carta di identità del materiale trasportato. Un documento che consegna alla società che effettua il trasporto su vagoni speciali. Vagoni immatricolati nel Paese d’origine e lì sottoposti a revisioni periodiche. A loro volta queste società consegnano i documenti di carico e affidabilità dei materiali alle imprese ferroviarie dei Paesi che devono attraversare e nel caso della Bellinzona Luino è prevalentemente la SBB Cargo. Quello che emerge, suffragato anche dalle comunicazioni dell’Ufficio federale dei Trasporti elvetico è il fatto che “a dover garantire che i vagoni siano sicuri sono le ditte di trasporto private, che dopo la liberalizzazione del mercato si sono moltiplicate a vista d’occhio”. Verifiche avvengono poi anche nelle stazioni di smistamento alla frontiera. Se un vagone presenta dei problemi che non possono essere risolti subito, viene sganciato dal treno e non prosegue la corsa. A questi controlli, poi, si aggiungono quelli a campione effettuati dall’Ufficio federale dei trasporti che riguardano anche i convogli in transito sulla linea internazionale Bellinzona - Luino. Secondo il resoconto 2008, lo scorso anno in tutta la Svizzera, sono stati verificati 3’838 vagoni, 261 dei quali presentavano difetti di cui 52 connessi al trasporto di merci pericolose.

SICUREZZA E QUALITÀ
“Purtroppo la tragedia di Viareggio ha scosso le nostre coscienze. Ma è fondamentale chiarire prima di ogni cosa che per il trasporto di merci pericolose il treno è il mezzo di gran lunga più sicuro”. Così Marco Terranova, amministratore di Sbb Cargo Italia, impresa ferroviari diretta emanazione del settore cargo delle Ferrovie svizzere e di gran lunga la maggior frequentatrice della Bellinzona – Luino.




Dopo la liberalizzazione del trasporto si pone il problema delle responsabilità e delle competenze. Non sempre facile da chiarire.

“Non lo è perché le situazioni contrattuali tra i diversi attori sono le più variegate. Il punto fermo è l’accesso all’infrastruttura che compete all’impresa ferroviaria che immatricola le motrici e se ne rende responsabile. Poi ci sono i carri che possono essere di proprietà dell’impresa, o affittati dagli operatori intermodali. Infine il contenuto trasportato che non è di competenza dell’impresa ferroviaria ma definito dai documenti di carico e affidabilità dei materiali. Poi in caso di incidenti nessuno vuole mai assumersi la responsabilità unica che peraltro non esiste quasi mai: di solito ci sono in gioco diverse concause”.
Entriamo nel dettaglio di Sbb Cargo.
“Noi svolgiamo il servizio con i nostri locomotori o con quelli in affitto dalla casa madre Ffs Cargo. Si tratta di materiale di ultima generazione, verificato nelle nostre officine svizzere, di assoluta qualità. Anche i carri sono nostri per la gran parte. Altri invece sono di operatori intermodali e vengono noleggiati in caso di necessità”.
E' possibile, quindi, che per Luino siano transitati anche i carri speciali dell’austro-tedesca Gatx?
“Diciamo che non ne ho la certezza ma è sicuramente possibile. Primo perché gli operatori sono pochi, specialmente in settori specializzati come quello delle cisterne. E poi anche sulla Bellinzona – Luino non siamo l’unica impresa attiva. Ne esistono altre”.
Quanto alle misure di sicurezza?
“Ce ne sono di due tipi: quelli installati sull’infrastruttura che monitorano il Livello di temperatura delle boccole: sono i portali e che verificano le temperature che se alte indicano un malfunzionamento. Altri sono sui carri e sono i dispositivi antideragliamento. Poi la manutenzione costante che noi pratichiamo è un altro fattore importante”.
Pesa la morfologia della tratta. Stretta e con lunghi tratti in galleria.
“Purtroppo il territorio è questo. Non possiamo spianare le montagne e non possiamo entrare nel lago. Ciò non toglie che gli standard di sicurezza siano elevatissimi. Anche perché avendo un sistema svizzero alle spalle garantiamo una cura della qualità consolidata”.

STOP ALLE CISTERNE GATX
Sono circolati per anni. Percorrendo avanti indietro la Bellinzona – Luino – Gallarate. Ma ora i carri cisterna della Gatx, coinvolti nel disastro ferroviario di Viareggio, non circoleranno più sulla tratta. La volontà della principale impresa ferroviaria in servizio sulla linea è infatti stata chiara. “Sbb Cargo Italia – conferma l’amministratore delegato Marco Terranova – ha deciso di sospendere l'uso dei carri cisterna della Gatx fino a nuovo ordine”. Un annuncio, quello della società ferroviaria di trasporto merci e filiale italiana delle Ferrovie federali svizzere, arrivato nelle scorse. “Il provvedimento, in via del tutto precauzionale, - chiarisce Terranova - è stato preso successivamente all'incidente di Viareggio dello scorso 29 giugno, e sarà mantenuto in vigore fino a quando non verranno forniti dalle indagini in corso e dalla stessa società Gatx chiarimenti circa i fatti che hanno portato alla tragedia ferroviaria della città toscana”. La sicurezza dei convogli e delle località attraversate dalla Bellinzona – Luino dunque viene prima di tutto. Una mission fatta propria da Sbb Cargo, la controllata delle Ferrovie federali svizzere (Ffs) che si occupa di trasporto merci su rotaia. L'azienda che opera in Svizzera e collega le aree economiche in Germania e Nord Italia, servendo in media 4000 i clienti che trasportano le proprie merci: metalli, derrate, oli minerali, prodotti chimici, esplosivi, legname, carta, posta, pacchetti e generi alimentari. Un sistema che impiega 4400 dipendenti, e che ha permesso di realizzare nel 2007 servizi di trasporto per un totale di 13,37 miliardi di chilometri netti e che ora ha detto basta all’utilizzo dei carri cisterna della Gatx il cui carro è stato protagonista dell’esplosione di Viareggio. Dopo lo stop delle Fs anche Sbb mette così al bando l’azienda, il secondo gruppo in Europa nel noleggio di vagoni cisterna. La Gatx Rail Europe occupa, infatti, il 22% del mercato. Insomma, un azienda leader nel mercato con oltre mille i clienti in tutto il mondo. La misura preventiva si è resa necessaria da parte della società per garantire la sicurezza all’interno dell’intera catena logistica, sia per tutelare l’attività dei propri operatori sia per rassicurare tutti coloro che vivono nei pressi o a ridosso della rete infrastrutturale ferroviaria. “La sicurezza è sempre stata per Sbb Cargo un elemento irrinunciabile nello svolgimento del lavoro quotidiano. Tale misura preventiva – evidenzia ancora Marco Terranova - si iscrive dunque all’interno di un importante processo di attenzione e cura dei dettagli che la nostra società dedica da sempre al trasporto delle merci pericolose”. Merci che sono di casa sulla tratta: con ben 1.9 milioni di tonnellate trasportate all’anno dai vettori del trasporto merci.

mercoledì 10 giugno 2009

A Viggiù il sogno americano diventa realtà. La vittoria di Sandy scolpita nella pietra

VIGGIÙ I primi applausi, come ovvio, sono risuonati a Viggiù. Poi a ruota sono arrivate le telefonate e i complimenti dalla Valle d’Aosta, dove ha lavorato come direttrice d’albergo, e dagli Stati Uniti dove è nata. Tutti commossi perché Sandy Cane ce l’ha fatta. Merito suo, della Lega e del Pdl, e dei tanti viggiutesi che hanno puntato su di lei facendola entrare nella storia come la prima donna sindaco italo – afro – americana della Repubblica italiana. Un sogno realizzato che ha fatto il giro del mondo. “To my family and friends in the States and around the world: I am the new major of Viggiù. Thanks for your support”. Così in inglese, dalla sua pagina di facebook Sandy Cane, 48 anni, nata a Springfield (Massachusetts) il 28 luglio 1961, ha voluto commentare l’elezione. “Perché io e la mia squadra abbiamo dimostrato – sottolinea – che il cambiamento è possibile. Che uno slogan come “Yes, we can” può valere anche in Valceresio e a Viggiù”. Come darle torto. Impossibile. Anche perché c’è un filo di storia intrecciato dietro a questa elezione. Quasi una favola a lieto fine. Cominciata nel periodo della seconda guerra mondiale e conclusasi all’inizio di questo nuovo millennio. Per un risultato, che come si usa a Viggiù, resterà scolpito nella pietra. Quella stessa pietra che i suoi nonni lavoravano come tanti altri “Picasass” viggiutesi emigrati in giro per il mondo. I suoi nonni materni, infatti, creavano dall’arenaria i monumenti funebri nel nord della Francia. E proprio lì la madre del nuovo sindaco, Maria Angela Bernasconi scomparsa due anni orsono, ha conosciuto il padre, un soldato americano di colore sbarcato in Europa per combattere i nazifascisti. “Si sono innamorati – spiega - e alla fine del conflitto si sono sposati e trasferiti”. Prima in Germania e poi negli Usa a Springfield. “Ma il legame con il suo paese d’origine non si è mai dissolto – racconta -. Sui documenti di mia madre c’era scritto: “Born in Viggiù”, non “in Italy”: come se qualcuno in Usa sapesse dove si trovi questo borgo di 5mila anime. Io ci venivo d’estate, verde e giochi nei boschi: per me è stato il paradiso. E quando i miei hanno divorziato, all’età di 10 anni sono tornata a casa con mia madre”. E ora che l’impresa è riuscita si pensa già al lavoro. Con la squadra in via di definizione e una certezza sul vicesindaco: Antonio Banfi, 25 anni, e volto nuovo del Pdl in Valceresio. “L’intenzione è quella di metterci immediatamente a lavorare – chiarisce Sandy Cane – per migliorare l’aspetto del paese. Più pulizia, più sicurezza, recupero del centro storico e iniziare già da questa estate il rilancio turistico”. Approfittando del federalismo e della storia del nostro paese. Paese di scultori, artisti e da ieri anche del primo sindaco di colore d’Italia. L’Obama della Lega. E non è un caso. “Perché – conclude Sandy Cane – proprio nel nostro museo “Enrico Butti” conserviamo il calco originale della sua statua di Alberto da Giussano: simbolo del Carroccio, e ora un po’ anche di Viggiù”.

lunedì 8 giugno 2009

Sandy Sindaco. E Viggiù canta Yes...we Cane

VIGGIÙ “Yes… We Cane”. Lo slogan della campagna elettorale si trasforma in realtà e Viggiù festeggia il primo sindaco di colore dell’era repubblicana italiana. E se a riuscire nell’impresa è la candidata del Carroccio il colpo è di quelli destinati a fare rumore. Ad entrare nella storia Sandy Cane, italo afro americana e portacolori della lista Lega – Pdl. 48 anni, con il padre degli States e la madre di Viggiù. Una black and white per dirla alla Barack Obama. Nata a Springfield (Massachusetts) il 28 luglio 1961, divide con Obama anche l’anno di nascita e il segno zodiacale, leone. “E ora sono proprio l’Obama in gonnella – scherza godendosi il risultato – così come mi hanno ribattezzato in campagna elettorale”. Un testa a testa tirato che ha visto primeggiare la lista di Lega e Pdl arrivata a quota 814 voti, il 28,26%. Quanto basta per superare la concorrenza in questo paese di 5000 abitanti al confine con la Svizzera. Dietro di lei, infatti, si sono fermati gli sfidanti: Mauro Filipetto di Vivo il Paese con 775 voti, Gabriella Antonetti di Vivo Viggiù a 744 e Paolo Canzani di Progetto Globale a 547. Dati che, nel pomeriggio di ieri, hanno fatto sorgere in piazza Albinola, cuore pulsante del paese, il sole delle Alpi. Con i tifosi di “Sandy Sindaco” che sono scesi in strada armati di bandiere per acclamare la loro beniamina. “Sono davvero contentissima – sottolinea – ma da domani si inizia a fare sul serio e a lavorare per Viggiù”. Parla come se fosse un normale sindaco. Bisogna ricordarle, infatti, che questa elezione entrerà nella storia. “Si – ammette – è successo qualcosa di veramente importante per l’Italia e per la Lega Nord che mi onoro di rappresentare. E il fatto che il primo sindaco di colore dello stivale sia proprio un’esponente del Carroccio è qualcosa di veramente unico. Tutti i pregiudizi sono respinti al mittente”. Sicurezza, federalismo e rilancio turistico del paese le chiavi del suo successo. Un’impresa che ha sfidato i luoghi comuni, rompendo gli schemi. Partita come idea unica della Lega, strada facendo ha poi incontrato l’appoggio ufficiale del Pdl. Una campagna elettorale incisiva, al grido di “cambiamo il colore al paese” ha fatto il resto. “Hanno premiato la nostra freschezza – sottolinea la neosindaco -, la nostra idea di rinnovamento nel paese dei pompieri è divampato l’incendio mediatico che è bruciato fino al successo. Consacrando l’italoamericana, dalla pelle nera e il cuore verde padania. “Una scommessa che abbiamo voluto fortemente – sottolineano il segretario provinciale della Lega Nord, Stefano Candiani e il responsabile locale Andrea Canazza, artefici di questa candidatura - abbiamo messo la freccia e abbiamo superato gli avversari sulla carta dell’integrazione politica. Questa è la prova che il Carroccio non conosce confini e può davvero arrivare ovunque”. Dopo Obama, dunque Sandy Cane. “Questo è davvero un periodo di svolta – conclude la vincitrice – ed esserne protagonista con la Lega è una senzazione unica”.