Questa è la cronistoria di un delirio. Una storia fra tante, la mia. Una storia che ho sentito l’esigenza di scrivere e pubblicare, perché quello che è successo all’hotel Ergife di Roma in occasione dell’esame organizzato dall’Ordine nazionale dei giornalisti lo scorso 31 ottobre è inaudito ed è gravissimo.
- Partito da Varese all’alba del 30 ottobre lo stesso giorno completo le procedure di verifica del computer portatile nella sede dell’ordine a Roma. Tutto sembra filare liscio.
- Il giorno successivo, con il mio bagaglio di tensioni e aspettative, sono arrivato davanti alla sede d’esame alle 8.15.
- Alle 9 inizia la procedura di accesso alla grande sala, la “macelleria”, destinata a diventare teatro di una delle esperienze più assurde che mi sia mai capitato di vivere. Anche io entro, prendo posto. Sono seduto nelle primissime file, proprio di fronte al tavolo della presidenza.
- Incomincia l’attesa. Verso mezzogiorno anche io come tutti i candidati ho il cd e la penna usb, dopo le prove tecniche (e i primi problemi) vengono consegnate anche le buste con i temi, le domande e le sintesi.
- Il mio lavoro procede senza intoppi. Completo il mio lavoro in circa quattro ore e mezza senza alzarmi dal tavolo se non per andare a consultare il vocabolario. Alla fine sono soddisfatto.
- Nel corso del pomeriggio ci viene detto tutto e il contrario di tutto su come avremmo dovuto terminare il lavoro. Prima seguendo le istruzioni, poi “strappando” la chiavetta, poi con l’aiuto di un tecnico, alla fine pregando.
- Quando termino il lavoro mi metto in coda nell’attesa di un tecnico. L’attesa dura circa 1 ora e mezza. Quando è quasi arrivato il mio turno il segretario dell’ordine suggerisce di copiare il testo della prova d’esame dal pc ad un foglio… “per sicurezza”. Questo perché anche la procedura assistita dai tecnici si è rivelata fallibile in qualche occasione.
- pochi minuti dopo il consiglio del segretario arriva un tecnico, è il mio turno. Vado al banco (quando avevo già terminato il lavoro da 1 ora e trenta) assieme al tecnico. Qui la prima sorpresa. Sul monitor del mio pc non c’era l’editor di testo ma la schermata conclusiva del programma, quella che dovrebbe comparire al termine del lavoro (dopo aver dato il relativo comando… inutile dire che io non lo ho dato). Il tecnico mi dice di estrarre la chiavetta, andare a stampare e sperare.
- Lo faccio. Alla stampante l’operatrice non riesce ad aprire il mio file. Torna il tecnico di prima. Anche lui non apre il file. Il mio lavoro è perso, scomparso.
- Facile immaginare la mia reazione, prima disperata poi arrabbiata. Urlo e inveisco contro due commissari che, bontà loro, incassano in silenzio (poi ho chiesto scusa).
- Mi tremano le mani e le gambe. Ho voglia di piangere. Mi dicono: “tranquillo ti diamo altre sei ore di tempo”.
- Alle 19.30, dopo quasi 11 ore chiuso nel salone dell’Egrife e una prova d’esame persa nel nulla non me la sento proprio di rimettermi a scrivere, per giunta con carta e penna. Trovo la soluzione più ragionevole. Copio per intero l’esame di un collega. Parola per parola, lettera per lettera e alle 20.15 lo consegno.
- Cerco di parlare con qualcuno. Spiego quello che ho fatto. Che l’esame nella mia busta non è farina del mio sacco. Che ho copiato tutto perché il mio lavoro è stato perso e nessuno mi ha saputo dare spiegazioni, nessuno mi ha saputo aiutare.
- Non ricevo rassicurazioni. Attorno ormai è il caos. Gente che piange, chi trascrive. Sala piena di gente in piedi. Risposte dettate dai commissari. Persone che usano il telefono. Me ne vado tra il disgustato e l’arrabbiato.
Non ho idea di come andrà a finire questa storia. Le ipotesi si sprecano. Una cosa sola è certa. Io ho consegnato un elaborato diverso da quello che avevo realizzato entro i termini e con le modalità indicate nelle procedure. Cosa e come verrà valutato? Come si potrà giustificare un’eventuale bocciatura (anche all’orale)? Cosa succederà quando qualcuno promuoverà un ricorso? Quando avremo delle risposte?
- Partito da Varese all’alba del 30 ottobre lo stesso giorno completo le procedure di verifica del computer portatile nella sede dell’ordine a Roma. Tutto sembra filare liscio.
- Il giorno successivo, con il mio bagaglio di tensioni e aspettative, sono arrivato davanti alla sede d’esame alle 8.15.
- Alle 9 inizia la procedura di accesso alla grande sala, la “macelleria”, destinata a diventare teatro di una delle esperienze più assurde che mi sia mai capitato di vivere. Anche io entro, prendo posto. Sono seduto nelle primissime file, proprio di fronte al tavolo della presidenza.
- Incomincia l’attesa. Verso mezzogiorno anche io come tutti i candidati ho il cd e la penna usb, dopo le prove tecniche (e i primi problemi) vengono consegnate anche le buste con i temi, le domande e le sintesi.
- Il mio lavoro procede senza intoppi. Completo il mio lavoro in circa quattro ore e mezza senza alzarmi dal tavolo se non per andare a consultare il vocabolario. Alla fine sono soddisfatto.
- Nel corso del pomeriggio ci viene detto tutto e il contrario di tutto su come avremmo dovuto terminare il lavoro. Prima seguendo le istruzioni, poi “strappando” la chiavetta, poi con l’aiuto di un tecnico, alla fine pregando.
- Quando termino il lavoro mi metto in coda nell’attesa di un tecnico. L’attesa dura circa 1 ora e mezza. Quando è quasi arrivato il mio turno il segretario dell’ordine suggerisce di copiare il testo della prova d’esame dal pc ad un foglio… “per sicurezza”. Questo perché anche la procedura assistita dai tecnici si è rivelata fallibile in qualche occasione.
- pochi minuti dopo il consiglio del segretario arriva un tecnico, è il mio turno. Vado al banco (quando avevo già terminato il lavoro da 1 ora e trenta) assieme al tecnico. Qui la prima sorpresa. Sul monitor del mio pc non c’era l’editor di testo ma la schermata conclusiva del programma, quella che dovrebbe comparire al termine del lavoro (dopo aver dato il relativo comando… inutile dire che io non lo ho dato). Il tecnico mi dice di estrarre la chiavetta, andare a stampare e sperare.
- Lo faccio. Alla stampante l’operatrice non riesce ad aprire il mio file. Torna il tecnico di prima. Anche lui non apre il file. Il mio lavoro è perso, scomparso.
- Facile immaginare la mia reazione, prima disperata poi arrabbiata. Urlo e inveisco contro due commissari che, bontà loro, incassano in silenzio (poi ho chiesto scusa).
- Mi tremano le mani e le gambe. Ho voglia di piangere. Mi dicono: “tranquillo ti diamo altre sei ore di tempo”.
- Alle 19.30, dopo quasi 11 ore chiuso nel salone dell’Egrife e una prova d’esame persa nel nulla non me la sento proprio di rimettermi a scrivere, per giunta con carta e penna. Trovo la soluzione più ragionevole. Copio per intero l’esame di un collega. Parola per parola, lettera per lettera e alle 20.15 lo consegno.
- Cerco di parlare con qualcuno. Spiego quello che ho fatto. Che l’esame nella mia busta non è farina del mio sacco. Che ho copiato tutto perché il mio lavoro è stato perso e nessuno mi ha saputo dare spiegazioni, nessuno mi ha saputo aiutare.
- Non ricevo rassicurazioni. Attorno ormai è il caos. Gente che piange, chi trascrive. Sala piena di gente in piedi. Risposte dettate dai commissari. Persone che usano il telefono. Me ne vado tra il disgustato e l’arrabbiato.
Non ho idea di come andrà a finire questa storia. Le ipotesi si sprecano. Una cosa sola è certa. Io ho consegnato un elaborato diverso da quello che avevo realizzato entro i termini e con le modalità indicate nelle procedure. Cosa e come verrà valutato? Come si potrà giustificare un’eventuale bocciatura (anche all’orale)? Cosa succederà quando qualcuno promuoverà un ricorso? Quando avremo delle risposte?
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