CANTELLO Vedere il sole due ore dopo gli altri. Essere svegliati quotidianamente dal rumore assordante di ruspe, trituratori, martelli pneumatici e camion. Lottare contro nuvole di polvere che il vento alza all’improvviso fin dentro le case. E temere per la propria salute minacciata dai detriti di amianto, depositati insieme alle migliaia di tonnellate di inerti, a pochi metri dalle proprie finestre. Questo vuol dire vivere in via Lugano al Gaggiolo di Cantello. Con la discarica di Stabio, o meglio “la montagna della vergogna” come la chiamano da queste parti, che si alza proprio sulla linea di confine. Una collina alta 32 metri creata partire dal 2002 a ridosso delle case del Gaggiolo, una quindicina in tutto, che ormai convivono con questa realtà fatta di materiale inerte ma anche altro. “Sappiamo benissimo – spiegano i residenti - della presenza dell'eternit e dell'amianto flocculato. Materiale visibile ad occhio nudo dalle nostre finestre”. Un incubo continuo, destinato ora a raddoppiare. Già perché la tanto temuta fase due, ovvero quella dell’ampliamento in direzione della collina di Rodero, partirà. Il via libera, infatti, è stato sancito nelle scorse ore dal comune di Stabio, sul cui territorio sorge la discarica, che ha concesso il nulla osta alla seconda fase di ampliamento del sito. Sempre con un altezza di 32 metri . Innalzando parallelamente le inquietudini dei cantellesi e i loro disagi. Problemi vissuti sulla pelle. Giorno dopo giorno. “Un inferno senza fine. All'inizio era una cava nella quale tutti i giorni venivano versate tonnellate di detriti e finché potevano essere sotterrati non ci preoccupavano più di tanto. Poi abbiamo visto che sono andati avanti e noi abbiamo cominciato a protestare. Adesso il sole arriva due ore dopo – racconta la signora Rita – e noi viviamo un cono d’ombra perenne, il frastuono dei mezzi al lavoro, la polvere e i rischi per la salute che siamo costretti a subire”. Livelli di pericolo mai chiarito ufficialmente anche se nei mesi scorsi Arpa e Asl hanno effettuato analisi sia sull'aria che su suolo e sottosuolo. I dati, secretati, sono ore nelle mani del Noe, il nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Milano, che ha in mano l'indagine predisposta dalla magistratura di Varese. “Sono stato io – conferma Salvatore Boeddu, guida del comitato antidiscarica ed ex finanziare in pensione – a presentare nel 2004 i primi esposti. Ma niente si è mai mosso e ora il mostro continuerà a crescere”. Livello di vita abbassato così come il valore delle villette, un tempo collocate in una zona residenziale di pregio ora sotto scacco degli inerti. “Non possiamo nemmeno andarcene – aggiunge Boeddu – perché nessuno vorrebbe comprare queste case”. Ora, dopo le denunce, gli esposti, e la richiesta di aiuto ai residenti non resta che una strada. “La richiesta di risarcimento danni – confermano – perché di fatto ci hanno espropriato la possibilità di vivere normalmente. E persino la possibilità di mettere in vendita i terreni edificabili”. La loro, però, è una battaglia impossibile. “Con gli svizzeri che continuano a dire che è tutto in regola e non ci sono problemi – concludono – ma evitano di rispondere ad una semplice domanda: se non ci sono pericoli perché la discarica l’hanno costruita a tre chilometri dal loro centro abitato?”.
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