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mercoledì 21 gennaio 2009

Senza lavoro e senza stipendio. Altri 90 eroi in lotta

MONVALLE Gli ultimi soldi, 300 euro di acconto sullo stipendio di settembre, li hanno presi l’8 dicembre scorso. Poi più nulla. Fino al 7 gennaio. Quando per tutti i 90 dipendenti della Intersol di Monvalle sono scattati tre mesi di cassa integrazione che si chiuderanno ad aprile. Questa la drammatica situazione occupazionale che segna l’inizio anno dei lavoratori dell’Intersol S.p.a di Monvalle. Azienda di punta del settore della produzione di occhiali, attiva anche nello sviluppo di marchi prestigiosi da esportare poi in tutta Europa, Medio Oriente, Nord e Sud America e Australia, ora alle prese con una drammatica crisi di liquidità. Ecco allora che di fronte all’angoscia i dipendenti “abbandonati”, come si definiscono, hanno deciso di fare squadra. Così, ieri mattina, si sono riuniti spontaneamente con i loro rappresentanti sindacali in via Lavandè, proprio davanti ai cancelli dell’azienda che complessivamente da 40 anni, gli ultimi 12 con il nome di Intersol, rappresenta il polo produttivo di Monvalle. Hanno sfidato il freddo per spiegare la loro situazione chiedendo solidarietà, mobilitazione da parte delle istituzioni e attenzione. Operai senza stipendio e senza certezze sul futuro. Come una coppia di origine albanese. In Italia da quasi quindici anni. Con due figli da mantenere, il mutuo della casa da pagare e la spesa da fare al supermercato. “Siamo veramente a terra – raccontano adesso – senza stipendio da cinque mesi e con la banca che tutti i mesi ci scala dai pochi risparmi la rata del mutuo. Così non si può andare avanti. È davvero impossibile andare avanti. Qui ci siamo sempre trovati bene, abbiamo sempre dato il massimo. E quando dopo i primi mesi gli stipendi faticavano ad arrivare siamo comunque andati avanti credendo alle promesse dei vertici aziendali. Ma di settimana in settimana sono continuati i rinvii e ora anche il nostro conto corrente è ridotto all’osso”. E come loro anche gli altri. Cristina, Paola, Lucia. Tante donne. Perché qui all’Intersol la forza lavoro è sempre stata all’insegna del rosa. “Con i figli, la scuola e la crisi – spiegano – non è possibile sopportare ulteriormente questa situazione. Noi ci troviamo di fronte a due autentici scenari da incubo: non vedere più i nostri soldi e perdere persino il lavoro”. Così si prova a reagire con uno sguardo ancorato al presente e alla speranza che qualche miglioramento si affacci all’orizzonte, e un altro al futuro. “Stiamo preparando tutte i nostri curricula da inviare – confermano le operaie – ma per ora delle decine di lettere che abbiamo spedito nessuna è ritirata con una risposta positiva. Qui siamo mamme, mogli, ragazze giovani in attesa di sposarsi e con l’aria che tira in giro perdere questo posto vorrebbe dire rimanere ferme per chissà quanto tempo”.

“Non riusciamo a dialogare con la proprietà e ora questa situazione è diventata insostenibile”. I sindacati ormai hanno perso la pazienza nella vertenza Intersol. Con i silenzi della proprietà, in mano ai fratelli Alberto e Massimo Vedani, che fanno da contraltare alla disperazione dei dipendenti. “Siamo pronti con le pratiche per le ingiunzioni di pagamento che abbiamo messo a punto con i nostri uffici legali – chiarisce Alessandra Savoia della Femca Cisl -: qui ciascun lavoratore deve infatti anche recuperare diverse migliaia di euro di mensilità arretrate. E all’orizzonte non si sono né assicurazioni né punti fermi”. Sul piatto per ora c’è soltanto una convocazione verbale ad un tavolo il prossimo 22 gennaio. Una sorta di faccia a faccia tra le parti sociali e il consulente del nuovo compratore che, rilevando l’azienda, potrebbe riaccendere le speranze dei novanta lavoratori al momento senza né soldi né lavoro. “Il vero problema – chiarisce però Alessandra Savoia – è che non abbiamo idea dello scenario che potrebbe prefigurarsi. Non sappiamo se qualcuno voglia effettivamente rilevare l’azienda e a che prezzo per i dipendenti”. Così il prossimo 22 gennaio è attesa da tutti con timori e speranze. Speranze che potrebbero arrivare con una nuova proprietà. “Ma le possibilità che questo scenario si configuri – concludono i sindacati – sono poche. Noi comunque continueremo a insistere perché ciò avvenga e speriamo che questa strada si riveli effettivamente percorribile. Il Varesotto e questo territorio non possono perdere un altro polo produttivo”.

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