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mercoledì 21 maggio 2008

abuso a-buso buso (metamorfosi)

TRADATE Ancora abusi all’ex Fornace. Non smette di regalare sorprese il grande cantiere aperto alle porte della città, dove sta sorgendo un grande complesso commerciale. Un iter tormentato quello della grande struttura da mesi al centro del dibattito politico, oggetto di polemiche e spaccature. Le prime irregolarità edilizie erano state contestate dal Comune di Tradate già nel mese di febbraio, queste avevano portato ad una pratica di sanatoria che ha destato l’attenzione della Procura della Repubblica di Varese. Il Pm Agostino Abate ha infatti aperto un’indagine sul cantiere, per verificare la regolarità degli atti che lo riguardano. Un’indagine che vanta anche un indagato d’eccezione: il sindaco di Tradate Stefano Candiani a cui è stato contestato l’abuso in atti d’ufficio. La notizia dei nuovi abusi è trapelata invece solo ieri, ed è stata subito confermata dagli amministratori e dai tecnici comunali che li hanno rilevati: "Stiamo verificando le ultime cose per predisporre l’ordinanza – confermano dagli uffici comunali -, entro domani (22 maggio ndr) notificheremo la sospensione dei lavori sul lotto A e sul lotto B. Nel corso del sopralluogo dello scorso 12 maggio abbiamo infatti riscontrato delle misure difformi da quanto dichiarato nei progetti. La sospensione dei lavori ci consentirà di fare ulteriori verifiche sia all’interno dell’area per capire se ci sono altre difformità". In particolare gli abusi contestati riguarderebbero la lunghezza dei due edifici principali, quello del multisala (lungo la Varesina) e quello dell’albergo (tra via Sciesa e via Curiel). Entrambe le costruzioni sarebbero risultate più lunghe di alcuni metri (si parla di 3 per il lotto A e di 2,5 per il lotto B), difformità che genererebbero un notevole incremento di volume realizzato. Le irregolarità in fase di notifica si aggiungono a quelle già riscontrate alcuni mesi fa, che avevano già portato ad altri avvisi di garanzia nei confronti del direttore dei lavori del cantiere e dell’amministratore delegato di una delle società coinvolte nella realizzazione. "Si sta seguendo sulla linea già tracciata a partire dal mese di febbraio – interviene il sindaco di Tradate Stefano Candiani -, ci sarà massimo rigore e massima severità a garanzia della piena regolarità dell’intervento. Stiamo controllando che tutto si faccia secondo le leggi, quelli che il comune sta eseguendo sono controlli doverosi e tutto quanto riscontrato verrà contestato secondo quanto previsto dalle normative vigenti". Dunque l’amministrazione intende procedere sulla linea della fermezza già annunciata tempo fa. Ma non è una posizione semplice quella del comune di Tradate, che in questo momento si trova sotto la lente d’ingrandimento della Procura, che sulla vicenda dell’ex Fornace ha deciso di volerci vedere chiaro, passando al setaccio tutti gli atti prodotti dal comune stesso. E del resto non poteva essere altrimenti, vista la mole dell’intervento che muove capitali ingenti. Si tratta infatti di un affare prossimo ai 100 milioni di euro: attualmente una delle iniziative private più grandi in Italia.

1 commento:

Altra Tradate ha detto...

ALLEGHIAMO UN PEZZO CHE PUO' INTERESSARE. GRAZIE!

Abbiamo ricevuto e pubblichiamo integralmente quanto ci è stato inoltrato via mail. A voi i commenti!

Questo è il mio intervento in consiglio Comunale lo scorso 18 aprile. Non ho trattato questioni personali, ma vere questioni di tipo amministrativo per il bene della mia città. Vi chiedo la possibilità di una totale pubblicazione. Grazie. Gianluigi Margutti

Premessa: sono favorevole alla Grande Distribuzione Organizzata, senza alcun fanatismo, però.
Per almeno due ragioni:
- amplia l’offerta di prodotti sul mercato;
- genera concorrenza a vantaggio dei consumatori che ottengono risparmi economici sulla loro spesa.

Ma la Grande Distribuzione va gestita con attenzione, perché genera un impatto molto forte sul tessuto socio-economico del territorio oltre che sul sistema della viabilità delle aree dove viene collocata.

Il Legislatore Nazionale e quello Regionale lo sanno bene e con il Dlgs 114/98 e la LR 14/99 hanno regolamentato in modo puntuale le modalità di localizzazione e apertura di strutture commerciali della Grande Distribuzione.
Appositi Piani Triennali Regionali e connesse Modalità Attuative, hanno specificato come analizzare il territorio sotto il profilo urbanistico, territoriale, viabilistico, ambientale, socio-economico per inserire nei Piani Regolatori Comunali strutture di questo tipo.

Inoltre l’autorizzazione all’apertura di una Grande Struttura avviene in seguito all’ottenimento di uno specifico Nulla Osta da parte di una apposita Conferenza dei Servizi a cui partecipano il Comune interessato, la Provincia competente e la Regione Lombardia.
Ogni Ente ha un ruolo specifico all’interno della Conferenza:
- il Comune verifica la compatibilità urbanistica del progetto;
- la Provincia analizza il suo impatto territoriale, soprattutto sul sistema della viabilità;
- la Regione verifica se l’impatto socio-economico sia sostenibile o meno.

Tutte queste verifiche servono a garantire che i cittadini del territorio interessato dal progetto ottengano benefici reali superiori alle conseguenze negative dell’arrivo delle Grandi Strutture di vendita
Una Grande Struttura è tale quando le dimensioni dell’area di vendita superano i 2.500 mq (nel caso del ns Comune).
Prendiamo alcuni esempi dal sito internet dell’Osservatorio Regionale sul Commercio di Grandi Strutture vicine a noi per capire meglio di quali dimensioni stiamo parlando:
- Leroy Merlin di Solbiate Arno – 9.840 mq di vendita non alimentare.
- Auchan di Rescaldina – 6.785 mq di vendita alimentare e 16.415 mq non alimentare.
- Mediaworld di Gallarate – 3.130 mq di vendita non alimentare.
- Carrefour di Gallarate – 4.981 mq di vendita alimentare e 3.098 mq non alimentare.
- Iper di Solbiate Olona – 5.000 mq di vendita alimentare e 6.682 mq non alimentare.
- Esselunga di Venegono Inferiore – 1.120 mq di vendita alimentare e 3.760 mq non alimentare.
- Iper di Varese – 6.050 mq di vendita alimentare e 19.360 mq non alimentare.

Il progetto di cui discutiamo sviluppa una superficie di vendita non alimentare di 17.900 mq che per dimensioni, in tutta la Provincia di Varese è inferiore solo all’Iper di Varese, senza contare i 1.600 mq di vendita alimentare giacenti nel cassetto dell’Amministrazione Comunale. Insomma: diventa addirittura il primo polo commerciale di tutta la provincia di Varese se - come è logico - lo vediamo connesso alla adiacente struttura della COOP.

E continuiamo a sostenere e credere che questo progetto non costituisca di fatto una Grande Struttura di Vendita?
Non si tratta di trovare scorciatoie nel complesso quadro delle Leggi vigenti o di interpretarle in modo “discutibile … e … notevolmente intensivo” come scrive il Consulente del Comune. Il consulente afferma, tra l’altro e testualmente, che “tali interpretazioni, sia pure a volte discutibili, si possano considerare entro i limiti della legittimità”. Evviva, parla di INTERPRETAZIONI non di APPLICAZIONE delle norme! Lo dice lui, non io.

Qui si tratta di garantire l’interesse dei cittadini e di tutelarli attraverso il coinvolgimento degli Enti sovracomunali competenti in materia, la Provincia e la Regione per evitare che gli impatti prodotti da queste rilevantissime dimensioni danneggino la ns città.
E invece no: il Comune interpreta le Leggi al fine di evitare di ricadere nell’ambito delle Grandi Strutture soggette al procedimento di Conferenza dei Servizi.
Ma perché lo fa? Perché non chiede il parere di questi Enti? Perché si ostina a non condividere con chi ha più esperienza, mezzi e competenza come Provincia e Regione, questa complessa procedura?
La nostra città avrebbe da guadagnare o da perdere se il Comune applicasse le procedure previste per le grandi strutture?
Di sicuro avrebbe da perderci l’operatore perché normalmente durante la Conferenza dei Servizi per le autorizzazioni delle Grandi Strutture la Provincia e la Regione chiedono agli operatori di farsi carico delle spese necessarie a risolvere i problemi di traffico e a mitigare gli impatti socio economici sul territorio del Comune interessato.

E a quanto potrebbero ammontare questi oneri? Prendiamo come esempio quanto comparso sui quotidiani della ns provincia la scorsa settimana: l’Iper di Varese per un ampliamento della propria superficie di circa 8.000 mq si è fatto carico di tutte le opere di sistemazione dell’incrocio di Viale Belforte e della nuova rotonda per Cantello a Malnate per un totale di spesa superiore a 15 milioni di euro.
Avete capito bene: 15 milioni di euro.

- E da noi invece addirittura si concede all’operatore di scomputare dagli oneri di urbanizzazione il costo di realizzazione delle opere di accesso all’area che di sicuro servono più all’operatore che alla ns città. Le rotonde servono all’operatore stesso per far entrare ed uscire i clienti: in caso contrario come ci arriverebbero? Catapultati? Le rotonde esistenti sono già insufficienti per il traffico NORMALE della nostra cittadina.

- Inoltre si fissa il valore del costo di costruzione al bassissimo valore di 570 €/mq: questo è un fatto molto grave perché su questo valore si determina l’importo che l’operatore deve versare al Comune come tassa sulla costruzione.
Basterebbe prendere il bollettino degli Ingeneri di Milano del 2004 per scoprire che il valore medio minimo di costo di costruzione di una struttura commerciale è pari a 860 €/mq cioè il 50% in più di quanto concordato dal Comune con l’operatore.
Alla vicinissima e contigua COOP sarebbero stati applicati quali costi di costruzione, solo qualche mese fa, 1.200 euro al mq. Come mai?
Concludendo: dove è l’interesse della nostra Città ad aver interpretato così la norma? Chi è responsabile del procedimento deve spiegarlo con i numeri, non con artifizi interpretativi.
Ben si poteva chiedere la conferenza dei servizi con Regione e la Provincia. La avevo chiesta lo scorso 30 novembre. Se fosse stata attivata, avremmo quasi concluso il tutto, perchè ha un limite (per essere espletata) temporale di sei mesi e ne sono trascorsi quasi cinque nelle more di due pareri che non mi convincono per nulla.
Pertanto voterò contro alla variante e al punto proposto in votazione, e sono molto sereno anche perché il mio voto non è per nulla determinante, e quindi – qualora avessi torto – non avrò danneggiato nessuno. Avrò almeno messo voi consiglieri comunali in grado di comprendere quello che state votando.

Dr Gianluigi Margutti

Ulteriori spunti di analisi e riflessione sui vantaggi conseguiti dall’operatore dall’aver evitato la procedura di Grande struttura

1. Posti auto
-Classificare la struttura come Media distribuzione consente di evitare i controlli della Regione sulla dotazione di posti auto dell’intervento: per ogni mq di vendita è obbligatorio realizzare un certo numero di posti auto, stabiliti dalla Regione e differenziati tra mq di vendita alimentare e non alimentare.
-Ad ogni posto auto corrisponde un certo numero di auto in entrata ed uscita ogni ora dal parcheggio, e questo numero di auto vanno considerate come carico di traffico aggiunto a quello esistente sulle strade di accesso all’intervento (pertanto non ha nessuna rilevanza il ns Piano Urbano del Traffico, in quanto non ha questi dati).
E’ dalla verifica della capacità delle strade di sopportare questo traffico aggiunto che nasce o meno l’obbligo di realizzare interventi di adeguamento delle strade stesse.
Evitare questo controllo della Regione consente all’operatore di non doversi fare carico di questa spesa che è sempre la più onerosa.

Se le strade non sono adeguate le soluzioni sono solo due: diminuire le dimensioni dell’intervento o realizzare le sistemazioni necessarie.
L’apertura della Grande struttura è sempre vincolata alla effettiva realizzazione delle opere stradali necessarie.
Classificare l’intervento come di Media struttura evita tutte queste verifiche.

2. Aree standard
Classificare la struttura come Media distribuzione consente di superare l’obbligo delle dotazioni di aree a standard sull’intervento: ogni mq di superficie lorda di pavimento di una Grande struttura, deve essere corredato da 2 mq di aree a standard pubblico (normalmente parcheggi e aree verdi).
Se l’area dell’intervento non è grande a sufficienza per contenere questi spazi di standard è gioco forza ridurre la quantità insediabile di superficie lorda.
Nel ns caso abbiamo circa 37.000 di superficie lorda commerciale che andrebbero accompagnati da almeno 74.000 di aree a standard (!!!!) pubblico a cui aggiungere la dotazione di parcheggi privati obbligatoria prevista dalla legge Tonioli.
L’intervento non rispetta queste quantità e la dotazione di aree mancanti è stata monetizzata: cioè l’operatore ha versato al Comune un certo importo che compensa la carenza di aree a standard; ma questo è possibile solo ed esclusivamente perché l’intervento è di Media struttura.
Per le Grandi strutture la monetizzazione è espressamente vietata dalla Legge Regionale sul Commercio: se l’area è carente di standard l’unica soluzione è ridurre le dimensioni della superficie lorda di pavimento che si vuole realizzare.

3. Centro Commerciale
L’unicità della struttura è clamorosamente confermata non solo dalla articolazione del progetto: unico accesso, sistema dei parcheggi comune, spazi di servizio condivisi, ecc. ma anche dal fatto che tutte le autorizzazioni di Media rilasciate sono intestate al medesimo operatore che agisce in qualità di promotore immobiliare dell’iniziativa: le attività verranno aperte attraverso l’affitto dei rami d’azienda o attraverso la vendita delle autorizzazioni.
Questo fatto consente all’operatore di conseguire un grande vantaggio economico dall’aver ottenuto autorizzazioni di Media in quantità così rilevante, senza i costi che avrebbe dovuto sostenere nel caso si fosse trattato di una Grande struttura (sistemazioni stradali, compensazioni socio-economiche, ecc.)
Da informazioni che girano nel settore, sulla piazza di Varese una autorizzazione di Grande struttura non alimentare di circa 4000 mq è stata recentemente venduta per 800.000 €, cioè 200 € al mq.
Nel ns caso il Comune ha dato all’operatore 37.000 mq che, anche sottostimandoli, non possono valere meno di 50 €/mq cioè circa 1.800.000 €

4. Misure di compensazione, oneri aggiuntivi
Ultima considerazione che deriva dalla casistica nel settore e che non ha riferimenti di legge concreti: a Milano e provincia le misure di compensazione, oggi normalmente caricate sulle Grandi strutture, arrivano anche a 300 € per ogni mq di superficie lorda di pavimento.
E non si tratta degli oneri primari e secondari o del costo di costruzione (normalmente versati per intero senza scomputi) ma di oneri aggiuntivi.
Le amministrazioni comunali più aggressive arrivano addirittura ad ottenere:
- versamento degli oneri e del costo di costruzione senza scomputi
- realizzazione a carico dell’operatore di tutte le opere di urbanizzazione anche fuori comparto necessarie all’intervento (in genere sistemazioni viabilistiche)
- realizzazione di misure compensative per il tessuto socio-economico locale