"Il pacchetto di sicurezza è un’operazione di pulizia etnica, il primo passo verso la deportazione di tutti gli immigrati presenti sul territorio italiano, comprese quelle persone che come me si impegnano per il bene dell’Italia ma che non hanno la fortuna di trovare un lavoro in regola". Questo il durissimo commento di Adelina - l’ex squillo albanese strappata al racket della prostituzione proprio sulle strade della nostra provincia dagli uomini della questura di Varese – sul “pacchetto sicurezza” targato Roberto Maroni. "Ho avuto modo di conoscere il signor ministro in occasione di diverse trasmissioni televisive in cui siamo stati ospiti. È una persona che ho sempre stimato, ma con il pacchetto sicurezza sta esagerando – continua Adelina -. Non è rendendo più complicata la permanenza degli immigrati che colpirà la criminalità organizzata, per questo non c’è pacchetto che tenga. Per eliminare il marcio che c’è in ogni situazione servono solo impegno e determinazione. Anche senza pacchetto sicurezza sono arrivati risultati brillanti, anche a Varese, e come ce l’ha fatta qualcuno possono farlo anche gli altri, basta alzarsi dalle scrivanie e scendere per strada". In particolare Adelina spiega che ci sono persone, come lei stessa, che non sono in grado di fornire le garanzie richieste dal pacchetto sicurezza per poter ottenere il permesso di rimanere sul territorio nazionale. "Io non posso fornire quello che chiede il pacchetto di sicurezza – spiega – io sono stata una collaboratrice di giustizia per anni, ho lavorato fianco a fianco con le forze dell’ordine, ho dato un contributo valido alla lotta contro il racket della prostituzione. Ora cosa posso fare? non sono assunta regolarmente, non ho un contratto, vivo grazie alle persone che mi aiutano e che capiscono la mia opera missionaria. Il mio lavoro è documentato anche in svariati servizi giornalistici, non ultimo quello andato in onda nell’ultima puntata delle Iene su Italia uno, che testimonia il ruolo che ancora oggi ho nella collaborazione con le forze dell’ordine". La storia di Adelina è famosa, salvata dalla strada sul finire degli anni novanta, strappata dagli aguzzini che le hanno perpetrato violenze inaudite, ha iniziato a collaborare con la giustizia e ad interpretare la propria vita come una missione, nell’ansia di combattere il fenomeno della prostituzione. Una vita spesa in opere di volontariato, di sensibilizzazione, fatta di collaborazioni ed espedienti, una vita che non le ha consentito di trovarsi un lavoro regolare e una situazione stabile: "Questo appello lo faccio anche per me, chiaro – continua Adelina -, cosa devo fare? devo tornare in Albania a farmi ammazzare? Ma come me ci sono tante altre ragazze, non solo ex prostitute o vittime della malavita straniera. Ci sono anche le badanti, molte delle quali irregolari e senza permesso di soggiorno. Il pacchetto colpisce anche loro. Io stessa ho lavorato per due notti in nero in una struttura pubblica come badante. È vero che stavo lì per conto di un privato ma nessuno mi ha chiesto se ero una parente, come succede al pronto soccorso. Allora quando fa comodo le clandestine vanno bene perché fanno 14 ore di lavoro per 40 euro e quando non servono le rimandiamo a casa? Io voglio diventare cittadina italiana perché penso di meritarmelo e di avere sempre dimostrato la mia onestà e come me migliaia di altre donne e uomini onesti. Il pacchetto sicurezza va modificato". Insomma, un appello accorato, quello lanciato da Adelina, che si conclude con la proposta di un incontro: "Io adesso un lavoro non ce l’ho, però continuo ad aiutare l’altra gente e rimango a disposizione anche del ministro Maroni, a cui posso raccontare esperienze personali e spiegare quello che secondo me non funziona nel pacchetto che ha predisposto. Chissà che non capisca che sta sbagliando".
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