Una farsa, tanto drammatica quanto surreale, altro che esame di Stato. Peggio di quanto successo in uno scantinato dell’hotel Ergife di Roma il 31 ottobre ci sono solo le dichiarazioni dei parrucconi dell’ordine, dell’Ordine dei giornalisti. Come le “rassicurazioni” del presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Lorenzo Del Boca: i “disguidi tecnici sono stati superati” e dunque “non c'e' alcuna ipotesi di annullamento" della prova scritta”. “La pennetta - spiega Del Boca - e' realizzata in modo da inibire qualunque funzione del pc, dal vocabolario alla correzione automatica delle parole, e da impedire l'identificazione del candidato: in alcuni casi ha reagito in modo imprevedibile. E' una novità: ci vuole tempo per testarla". L'intervento dei tecnici ha consentito di risolvere i problemi: “Nonostante i ritardi e le comprensibili complicazioni psicologiche - conclude - tutti hanno consegnato il loro pezzo e la prova non sarà annullata". Parole inutili, palesemente false (come mai se i problemi sono stati risolti in tanti hanno dovuto consegnare una prova scritta a mano?), e frustranti per chi, come me, è uscito da quello scantinato soltanto alle 20.40 dopo esserci entrato alle 9 di mattina”.
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione.
E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo... come lacrime nella pioggia.
È tempo...di morire”.
Solo che invece di Blade Runner, un vero cult fantascientifico, lì si era ad un esame di idoneità professionale. E io, purtroppo, c’ero.
Tralasciando tutti i disguidi iniziali quando, prima di dare il via alla prova, a me come ad almeno altre cinquanta persone il computer si è bloccato ripetutamente proprio per il malfunzionamento delle chiavetta (e forse era già il caso di interrogarsi) il caos è arrivato più tardi.
Il mio pc è andato nuovamente in tilt verso le 15: si è come bloccato ed è ripartito, ovviamente senza alcun salvataggio, dalla schermata iniziale. Risultato: elaborati persi e via a ricominciare.
Io, però, sono stato fortunato. Mi è andata bene, alcuni hanno dovuto ricominciare da zero verso le 19. Ma ripartire di nuovo quando pensi di avere finito non è stato facile. Anche perché dopo dieci ore di inferno la concentrazione sparisce così come la voglia. Il tutto mentre in sala la gente era in coda davanti al banco della commissione e in sala chiunque si aggirava libero, al punto che ad una ragazza, qualcuno ha staccato (credendo forse fosse il suo) la chiavetta dal computer e estratto il cd. La sua chiavetta funzionava ma ha perso tutto lo stesso.
INCISO POETICOLETTERARIO
Quella ragazza, mora se non ricordo male con i capelli che le cadevano piano piano sulle spalle, che era stata in fila per un’ora proprio davanti a me ha reagito da fatina dei racconti. Quelle fatine che compaiono a metà dei libri e normalmente, se ci riescono, fanno di tutto per salvare il protagonista. Ha rincorso quel demente che le aveva staccato la chiavetta e, quando si è resa conto che tutto ciò che aveva scritto era andato perso, ha provato a protestare. Tutto inutile: le fatine non riescono ad arrabbiarsi nemmeno quando ci provano. Così mentre tentava di parlare proprio con uno dei commissari, quelli chiamati a valutare la nostra preparazione ma che non riconoscerebbero mai una fatina nemmeno se arrivasse con un cartellone luminoso sospeso sulla sua testa, è scoppiata a piangere. Non lacrime finalizzate alla pietà: il suo era uno sfogo di rabbia. Rabbia che non riusciva a trattenere. Con le parole che si bloccavano in gola. E quel pianto che cercava di uscire, bloccato, arrampicandosi sulla rete delle ciglia. Poi, senza che nessuno l’aiutasse - perché le fatine delle favole non le aiuta mai nessuno - si è seduta al suo banco ed ha ricominciato a scrivere. Quando sono uscito l’ho vista con lo sguardo ancora perso sullo schermo del pc. Ma io, come tanti, anche se avrei voluto non mi sono avvicinato nemmeno per chiederle come andava. Quell’esame maledetto mi aveva stressato (per usare un eufemismo) al punto da togliermi anche la gioia di salutarla. A lei, probabilmente, non sarebbe cambiato nulla. Io, che alle fatine delle favole ho sempre creduto e continuo a crederci, avrei magari avuto un ricordo sereno di quell’inferno da dimenticare.
FINE INCISO POETICOLETTERARIO
Solo che invece di Blade Runner, un vero cult fantascientifico, lì si era ad un esame di idoneità professionale. E io, purtroppo, c’ero.
Tralasciando tutti i disguidi iniziali quando, prima di dare il via alla prova, a me come ad almeno altre cinquanta persone il computer si è bloccato ripetutamente proprio per il malfunzionamento delle chiavetta (e forse era già il caso di interrogarsi) il caos è arrivato più tardi.
Il mio pc è andato nuovamente in tilt verso le 15: si è come bloccato ed è ripartito, ovviamente senza alcun salvataggio, dalla schermata iniziale. Risultato: elaborati persi e via a ricominciare.
Io, però, sono stato fortunato. Mi è andata bene, alcuni hanno dovuto ricominciare da zero verso le 19. Ma ripartire di nuovo quando pensi di avere finito non è stato facile. Anche perché dopo dieci ore di inferno la concentrazione sparisce così come la voglia. Il tutto mentre in sala la gente era in coda davanti al banco della commissione e in sala chiunque si aggirava libero, al punto che ad una ragazza, qualcuno ha staccato (credendo forse fosse il suo) la chiavetta dal computer e estratto il cd. La sua chiavetta funzionava ma ha perso tutto lo stesso.
INCISO POETICOLETTERARIO
Quella ragazza, mora se non ricordo male con i capelli che le cadevano piano piano sulle spalle, che era stata in fila per un’ora proprio davanti a me ha reagito da fatina dei racconti. Quelle fatine che compaiono a metà dei libri e normalmente, se ci riescono, fanno di tutto per salvare il protagonista. Ha rincorso quel demente che le aveva staccato la chiavetta e, quando si è resa conto che tutto ciò che aveva scritto era andato perso, ha provato a protestare. Tutto inutile: le fatine non riescono ad arrabbiarsi nemmeno quando ci provano. Così mentre tentava di parlare proprio con uno dei commissari, quelli chiamati a valutare la nostra preparazione ma che non riconoscerebbero mai una fatina nemmeno se arrivasse con un cartellone luminoso sospeso sulla sua testa, è scoppiata a piangere. Non lacrime finalizzate alla pietà: il suo era uno sfogo di rabbia. Rabbia che non riusciva a trattenere. Con le parole che si bloccavano in gola. E quel pianto che cercava di uscire, bloccato, arrampicandosi sulla rete delle ciglia. Poi, senza che nessuno l’aiutasse - perché le fatine delle favole non le aiuta mai nessuno - si è seduta al suo banco ed ha ricominciato a scrivere. Quando sono uscito l’ho vista con lo sguardo ancora perso sullo schermo del pc. Ma io, come tanti, anche se avrei voluto non mi sono avvicinato nemmeno per chiederle come andava. Quell’esame maledetto mi aveva stressato (per usare un eufemismo) al punto da togliermi anche la gioia di salutarla. A lei, probabilmente, non sarebbe cambiato nulla. Io, che alle fatine delle favole ho sempre creduto e continuo a crederci, avrei magari avuto un ricordo sereno di quell’inferno da dimenticare.
FINE INCISO POETICOLETTERARIO
Quando poi finalmente sono riuscito a riterminare lo scritto mi è stato consigliato di ricopiarlo a mano perché non si sa mai… e così ho fatto. Poi, staccando la chiavetta di netto, senza alcuna procedura sono riuscito finalmente a farmi stampare l’elaborato. Senza rileggerlo, anche perché nel frattempo ero stato in fila un’altra ora, e chiunque avrebbe potuto o ha potuto mettere mano al mio pc, l’ho consegnato. Non c’è che dire per un esame la cui iscrizione, da sola, è costata qualcosa come 400 euro. Quante chiavette usb si comprano con 400 euro.
Sono ancora incazzato. Anche perché ad uno della squadra, la nostra squadra, è andata peggio. Ha perso tutto, con il computer bloccato come nel mio caso delle 15, ma alle 19. Quando ciò avrebbe dovuto aver già consegnato ma non poteva farlo perché i dieci tecnici, che a quanto pare capivano di informatica tanto quanto io capisco di trivellazioni del suolo lunare, dovevano essere loro a staccare la pen drive. Olè. Così ha dovuto ricominciare a scrivere il suo tema da zero.
Così torni in quel di Varese dopo esserti sfogato a Trastevere con vino dei colli e trippa alla romana, l’unica cosa positiva insieme alla Capitale del viaggio per l’esame, e trovi sulla mail la lettera di scuse di colui che a parte il presidente di commissione reggeva le fila dell’esame: Enzo Iacopino segretario del Consiglio nazionale dell'Ordine e le mani ricominciano a pruderti dal nervoso. Nemmeno quando dovrebbero nascondere solo la loro faccia sotto metri di terra questa gente riesce a stare zitta. Inizia così: Cari colleghi, non è un Toc, toc (tot, toc è il titolo dei mille messaggi inutili che Iacopino inviava nei giorni prima dell’esame, cercando di essere spiritoso senza riuscirci, con rassicurazioni e consigli: peccato che nei momenti bui dell’esame sia come scomparso come per magia dalla sala). Non è il segretario dell’Ordine che vi scrive, ma Enzo Iacopino. Il disagio, la vergogna che come collega ho provato ieri sarà per me difficile da dimenticare. Non mi interessa andare a caccia delle responsabilità, ma avverto, forte, come persona, come collega e (se me lo consentite) come vostro amico il bisogno di capire che cosa è accaduto al fine di evitare possa ripetersi, sia pure in minima parte…”
E allora tu provi a ordinare le idee e pensi che: intanto Iacopino non sei mio amico perché di gente come te non me ne faccio niente. E poi questo sarebbe un insulto ai miei amici veri. Della tua caccia ai colpevoli me ne sbatto le palle perché tanto nessuno mi ridarà il mio primo tema, nessuno lo ridarà ai miei veri amici che lo hanno perso, e nessuno ridarà le lacrime perse per nulla alla fatina dei racconti. E terzo: per favore taci. A volte il silenzio è la sola cosa possibile. Tu provi vergogna: io dico che tutto l’ordine è una vergogna.
Certo, magari queste parole non mi agevoleranno, se mai dovessi passare, all’orale. Ma sono anche anonime per cui non corro alcun rischio: in fondo se mai dovessi arrivare all’orale sono il primo, primo primo, di tutta la lista. Ops ora sapete chi sono. E li ci sarà davvero da divertirsi.
Perché queste cose ve le dirò in faccia e quando vi incazzerete e sparerete domande impossibili come se fossero migliaia di frecce sarà facile trovare la risposta giusta. “Allora combatteremo nell’ombra”. E il mondo saprà che degli uomini liberi si sono opposti ad un tiranno, che pochi si sono opposti a molti.
- Questa è follia?
Sono ancora incazzato. Anche perché ad uno della squadra, la nostra squadra, è andata peggio. Ha perso tutto, con il computer bloccato come nel mio caso delle 15, ma alle 19. Quando ciò avrebbe dovuto aver già consegnato ma non poteva farlo perché i dieci tecnici, che a quanto pare capivano di informatica tanto quanto io capisco di trivellazioni del suolo lunare, dovevano essere loro a staccare la pen drive. Olè. Così ha dovuto ricominciare a scrivere il suo tema da zero.
Così torni in quel di Varese dopo esserti sfogato a Trastevere con vino dei colli e trippa alla romana, l’unica cosa positiva insieme alla Capitale del viaggio per l’esame, e trovi sulla mail la lettera di scuse di colui che a parte il presidente di commissione reggeva le fila dell’esame: Enzo Iacopino segretario del Consiglio nazionale dell'Ordine e le mani ricominciano a pruderti dal nervoso. Nemmeno quando dovrebbero nascondere solo la loro faccia sotto metri di terra questa gente riesce a stare zitta. Inizia così: Cari colleghi, non è un Toc, toc (tot, toc è il titolo dei mille messaggi inutili che Iacopino inviava nei giorni prima dell’esame, cercando di essere spiritoso senza riuscirci, con rassicurazioni e consigli: peccato che nei momenti bui dell’esame sia come scomparso come per magia dalla sala). Non è il segretario dell’Ordine che vi scrive, ma Enzo Iacopino. Il disagio, la vergogna che come collega ho provato ieri sarà per me difficile da dimenticare. Non mi interessa andare a caccia delle responsabilità, ma avverto, forte, come persona, come collega e (se me lo consentite) come vostro amico il bisogno di capire che cosa è accaduto al fine di evitare possa ripetersi, sia pure in minima parte…”
E allora tu provi a ordinare le idee e pensi che: intanto Iacopino non sei mio amico perché di gente come te non me ne faccio niente. E poi questo sarebbe un insulto ai miei amici veri. Della tua caccia ai colpevoli me ne sbatto le palle perché tanto nessuno mi ridarà il mio primo tema, nessuno lo ridarà ai miei veri amici che lo hanno perso, e nessuno ridarà le lacrime perse per nulla alla fatina dei racconti. E terzo: per favore taci. A volte il silenzio è la sola cosa possibile. Tu provi vergogna: io dico che tutto l’ordine è una vergogna.
Certo, magari queste parole non mi agevoleranno, se mai dovessi passare, all’orale. Ma sono anche anonime per cui non corro alcun rischio: in fondo se mai dovessi arrivare all’orale sono il primo, primo primo, di tutta la lista. Ops ora sapete chi sono. E li ci sarà davvero da divertirsi.
Perché queste cose ve le dirò in faccia e quando vi incazzerete e sparerete domande impossibili come se fossero migliaia di frecce sarà facile trovare la risposta giusta. “Allora combatteremo nell’ombra”. E il mondo saprà che degli uomini liberi si sono opposti ad un tiranno, che pochi si sono opposti a molti.
- Questa è follia?
- No. Questa è Sparta! Questa è la squadra.
4 commenti:
anch'io sono stato una vitta della 96esima sessione e posto un piccolo consiglio.
da come si è messa la faccenda è "difficile" che boccino qualcuno.
fossi in te cancellerei "certe" parti che hai scritto, e magari le terrei buone in caso vada qualcosa storto.
secondo me, anche con le modalità in cui l'hai fatto, hai le concrete possibilità di passarlo l'esame. la soddisfazione di prendertela con l'odg la puoi sfogare dopo aver preso sto cazzo di maledetto tesserino.
così rischi e basta e, se sei un mezzo precario come molti di noi, imamgino tu non sia entusiasta alla prospettiva di pagare altri 400 euri o dover pagare degli avvocati.
lo dico anche perchè credo (ma non sono affatto un esperto in materia) che si possa scivolare nella truffa ai danni dello stato.
scritto il mio piccolo noioso consiglio da grillo parlante, abbraccio anche te come tutti gli altri martiri della classe 96.
Riccardo
Per noi del blog Pagomad la dignità è più importante di passare un esame. Caro Riccardo, sottoscriviamo e ribadiamo tutto quanto scritto. Al massimo potremmo rincarare la dose. Questa è la filosfia della squadra. Quanto all'orale, se mai dovessimo arrivarci, faremo nostro, come sempre, il motto spartano. Torneremo con il nostro scudo o su di esso. Per noi, ma ogni consiglio come il tuo è molto bene accetto, non è superare un esame che fa uomini. E' la forza di affrontarlo.
Anche noi ti abbracciamo. A presto
all'esame te o ve la faranno pagare... così imparate a fare gli sboroni
Siamo alle solite...
E come al solito replichiamo per cortesia...
In questo blog non c'è spazio per i pavidi. E se non passeremo questo maledetto esame per noi non cambierà assolutamente nulla. Ripeto nulla.
Quello che per noi è importante non è vincere la battaglia. Ci importa solo combattere fino alla morte...
Questo è quello che bramiamo...
Noi non ci arrendiamo e non ci ritiriamo. Mai!!!
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