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martedì 14 ottobre 2008

Retata anti lucciole nel parco Pineta

TRADATE Sono 8 le prostitute africane finite nella rete tesa ieri mattina dai carabinieri della tenenza di Tradate in collaborazione con la polizia locale della città. Una quindicina gli uomini impegnati nell’operazione tra carabinieri e vigili. Militari in divisa e in borghese comandati dal luogotenente Sebastiano De Iannello si sono appostati fin dalle prime ore del mattino nei boschi del parco Pineta di Appiano e Tradate, nelle aree che costeggiano le vie per Appiano e per Castelnuovo, territorio dove le lucciole esercitano abitualmente. Le hanno prese così, man mano che arrivavano. Il tutto ovviamente non è stato privo di complicazioni, come inseguimenti tra gli alberi e ruzzoloni tra le frasche e le ramaglie del sottobosco. Le hanno portate prima nella caserma di Tradate, poi al comando di compagnia a Saronno per completare le procedure di fotosegnalazione e rilevazione delle impronte digitali, infine verso la Questura di Varese. Gli inquirenti devono infatti verificare se le ragazze erano già state colpite da un precedente decreto di espulsione, per farlo devono incrociare foto e impronte con i dati degli archivi.

Le ragazze fermate hanno tutte dichiarato di essere di nazionalità ganese. "Molto più probabilmente sono nigeriane – spiegano i volontari del gruppo Mares (la costola della Caritas che a Tradate si occupa proprio di prostituzione) - e di una zona ben precisa della Nigeria, nei pressi di Benin City, nel sud del paese". Un’area che purtroppo negli anni ha mantenuto intatta la sua vocazione di terra di schiavi: così era nel diciassettesimo secolo, così è ancora oggi. "Negli ultimi mesi inoltre c’è stato un forte ricambio sulla piazza tradatese – spiegano i volontari di Mares –, abbiamo registrato un impressionante abbassamento dell’età media delle ragazze. Loro dichiarano sempre la maggiore età, ma alcune sono poco più che bambine, hanno quindici o sedici anni al massimo". Loro, le schiave del sesso, ad ogni controllo forniscono identità differenti nel tentativo di raggirare chi le deve identificare, per limitare il rischio di un’espulsione. Questa, infatti, l’unica contestazione che rischiano, contrariamente a quanto si pensa ad oggi non è ancora in vigore il disegno di legge proposto dal Ministro Mara Carfagna (nella foto), che prevede multe e carcere per le lucciole di strada.
Il problema, in ogni caso, è molto sentito in città, come ha confermato lo stesso sindaco di Tradate commentando la retata di ieri mattina: "La zona del parco Pineta è critica, la presenza di prostitute era andata crescendo negli ultimi mesi ed era diventato davvero imbarazzante attraversare quell’area. Quella messa in atto questa mattina (martedì 14 ottobre, nda) è l’unica risposta possibile di fronte ad un disagio lamentato da una larga fetta della popolazione. Il fenomeno, purtroppo, viene subito e non può essere controllato dalla città, è per questo che mi sono astenuto dall’emettere ordinanze che hanno il solo scopo di fare chiasso. Rimango convinto che il problema debba essere risolto a livello sociale, ma in casi estremi è necessaria anche la repressione e di questo ringrazio il nuovo comandante provinciale dell’Arma e gli uomini di Tradate".

venerdì 29 agosto 2008

Accolti a braccia aperte

TRADATE È il primo percorso consigliato per cicloamatori che si incontra sul sito internet dei Mondiali di ciclismo. Quella della Pineta di Appiano e Tradate è la prima tappa che il turista dei pedali deve affrontare per conoscere il territorio dei sette laghi: piuttosto agevole, ricco di verde, tranquillo e abbastanza lontano dalle auto. Queste le sue credenziali. Offerte allettanti che abbiamo voluto testare. Così, con le indicazioni fornite dal sito alla mano siamo partiti da Tradate “verso nord, in direzione Venegono Inferiore”, attraversato il paese siamo arrivati a Venegono Superiore, da lì ci siamo immersi nello splendido paesaggio agricolo che separa il paese dalla provincia di Como e da Binago. Percorsa la strada verso Figliaro, abbiamo attraversato il paese “scendendo verso sud, tenendo ancora la destra in direzione Castelnuovo Bozzente”. Qui l’ambiente agreste lascia posto alla Pineta di Appiano. Fino a questo punto la nostra gita procede senza grosse complicazioni, salvo quelle dettate dal nostro scarso allenamento, le strade sono agevoli e, complice anche il periodo vacanziero, poco frequentate dalle automobili. L’unica vera pecca che riscontriamo fino a questo punto è rappresentata dalla mancanza di una segnaletica dedicata che faciliterebbe non poco la ricerca del percorso giusto. Seguendo le scarne indicazioni fornite dal sito dei mondiali non è sempre facile districarsi tra le strade e le stradine che si incontrano lungo il tragitto. punto è rappresentata dalla mancanza di una segnaletica dedicata che faciliterebbe non poco la ricerca del percorso giusto. Seguendo le scarne indicazioni fornite dal sito dei mondiali non è sempre facile districarsi tra le strade e le stradine che si incontrano sul percorso. Un quadro, che nei panni di amatori del pedale, abbiamo incontrato non senza qualche sorpresa. Ad accoglierci, nel fresco della pineta, non sono stati colleghi delle due ruote ma un vero e proprio plotone di prostitute. Provocanti, seminude in pieno pomeriggio, non fanno nulla per passare inosservate. Richiamano senza sosta l'attenzione dell'automobilista, del pedone e persino del ciclista. di chiunque, insomma, si ritrovi all'ombra della pineta: per caso, per sport, o per scelta. Dal ciglio della strada invadono la carreggiata, invitandoti a rallentare e ad approfittare di pochi istanti di piacere frugale. E noi “ciclisti” siamo costretti a fare lo slalom tra l’offerta di sesso a pagamento, gli inviti ammiccanti, le auto che innestata la freccia si accostano all’improvviso e le professioniste, loro malgrado, della prostituzione da strada. Per loro ogni uomo è potenziale cliente. Soldi per tirare a campare. Pochi spicci per una prestazione. 30 o addirittura 20 gli euro che chiedono per concedersi pochi istanti di "intimo piacere", consumato tra le frasche del bosco, e poi via, lungo il tragitto mondiale. Certo, che qui si potessero incontrare movimenti poco limpidi, era un sospetto. Ma le certezze e i numeri dello “spettacolo” finiscono per disorientarci proprio nel cuore della pedalate. Nell’angolo più verde del primo tra i circuiti “iridati” a catturare l’attenzione sono piuttosto i colori sgargianti dei microvestiti. I tacchi altissimi che mal si conciliano con le stradine sterrate della pineta, le offerte che ti piovono addosso come borracce in una gara ciclistica. Loro sono tutte nigeriane: giovani e giovanissime. Ne abbiamo contate almeno 25. E ad alcune, con difficoltà, avresti dato 18 anni. Situazione difficilmente tollerabile. Specialmente se avviene in un percorso consigliato al turista. Immaginatevi la famiglia di turisti tedeschi, mamma, papà e tre figli al seguito. Ansiosi di conoscere il Varesotto e catapultati, invece, in quello che a tutti gli effetti è tour del sesso in bella mostra. Ma senza scomodare famiglie straniere, anche per noi, ciclisti con poca esperienza, la pedalata è stata tutt’altro che rilassante. Con le gambe sui pedali, per mulinare chilometri e gli occhi all'assurdo mercato della prostituzione in pieno giorno. Perché se la scena del ciclista inseguito dalle “ragazze di strada” può far sorridere una volta, ripetuta all’eccesso diventa fastidio. Alla fine del nostro giro, nei pochi chilometri delle strade della Pineta, abbiamo contato infatti, 25 schiave del sesso, 8 in provincia di Como e 17 in provincia di Varese. Realtà visibile, troppo, ma che nessuno vuole vedere.

venerdì 2 maggio 2008

Sesso nei locali: due anni dopo tutto come prima

A 24 mesi dalla maxi retata che ha fatti il giro d'Italia abbiamo trascorso una notte a luci rosse in tre "bar" di Varese. Due hanno cambiato nome, uno nemmeno quello, dentro le solite ragazze disponibili.

VARESE Il 25 novembre del 2005 le luci soffuse dei night varesini venivano squarciate dal blu elettrico dei lampeggianti della polizia. I locali sigillati, i gestori arrestati. Oggi le stesse luci soffuse degli stessi night di Varese continuano ad accendersi e spegnersi nella danza rituale dell’amore esplicito, a pagamento. Non è cambiato niente. Così definire la città Giardino piccolo “Eden” del sesso condito da euro e spumante, anche oggi, non è un azzardo. È solo l’andata e ritorno di un viaggio. Un noir sfumato biancorosso dove tutto è talmente evidente da sembrare irreale. Provare per credere.
IL DESIREÉ
Ore 22.30. Attraversiamo il dedalo di scale e corridoi e raggiungiamo il cuore del Desireé. L’ex Cantina delle Rose ci accoglie come prima. Una donna che ha fatto i suoi anni si gode gli incassi da dietro il bancone mentre le ragazze lavorano per lei. Svestite a dovere. Giusto il tempo di sederci e siamo loro prede. Devono sedurci per farci ordinare il più possibile. Sono in due ma non fanno sesso a pagamento. Questo, almeno, è quello che dicono. Basta una qualsiasi occhiata agli altri tavoli per capire, però, che il “palpeggiamento intimo” è una pratica normale. Questo perché “ognuno ha il suo prezzo”. Lo ripetono in continuazione le nostre due “starlette decadute”. Lombarde, 31 e 35 anni, di volta in volta ragazze immagine, spogliarelliste, dame di compagnia per soli uomini. Tutto è teoricamente alla portata. L’unico problema sono i soldi. Probabilmente, pensano, non ne abbiamo abbastanza. Spesi i nostri primi 100 euro, per due birre in bottiglia e quattro calici di acqua tonica, decidiamo di uscire. “Se volete fare sesso per meno dovete andare in Svizzera”. Invece no. Perché la “Svizzera” è a pochi passi da noi. Lungo la strada che corre parallela alle ferrovie Nord, in via Tonale 31.
AL COPACABANA
È qui il Copacabana. Uno tra i tanti night redivivi. Un piano bar dove la parola discrezione non esiste. Lascia spazio alla complicità dei gestori, alle informazioni senza giri di parole, e a una serie di ragazze in deshabillè, disponibili come non mai, purché “giustamente” retribuite. Dietro il bancone dell’ex Lady G un cingalese sorride. Stempera la nostra timidezza e ci invita a non avere inibizioni. A dargli man forte ci pensano immediatamente le “sue squillo”. Svestite e seducenti. Puntano tutto sulla carica erotica e abboccano. Ci scambiano per clienti normali. Come i proprietari e i camerieri. A tradirli è l’avidità: un altro giro, altri soldi. Per i gestori e per le ragazze. Ordiniamo prima al bancone, per guardarci intorno, sondare il movimento. Poi le nostre nuove amiche, venezuelana una e marocchina l’altra, ci invitano nell’ala “privè”. “Qui possiamo stare in pace, chiacchierare, e fare altro”. Altro? “Tutto quello che vuoi”. Per raggiungere il divano dei desideri serve però il passepartout. Nient’altro che una bottiglia di spumante. Cento euro da scucire. Ma siamo in due e il “consiglio” arriva puntuale: “molto meglio una bottiglia a testa”. Così ognuno, per un’ora, ha il suo divanetto, al riparo da occhi indiscreti. Tranne quelli dei camerieri consapevoli – parola delle ragazze – di tutto quello che accade. Per passare dalle parole ai fatti, comunque, serve ancora altro contante. Lo chiedono insistenti, e per vincere le nostre remore, non esitano a stuzzicarci. Slacciarci i pantaloni diventa per quelle mani abili un gioco da ragazze. Ma se vuoi andare avanti i soldi sono obbligatori. Non servono le nostre scuse: qui c’è gente, meglio fuori. “Dai, funziona così. C’è una luce sul tavolo, io la spengo e quelli del locale ci lasciano in pace”. Per ora continuano a guardare il divanetto. Noi siamo tutt'altro che presentabili ormai con i boxer in bella vista ma evidentemente per loro, il bianco di capelli e la ragazza dell'est, questo è perfettamente normale. Spariscono però, come annunciato, appena le luci si offuscano. L’ora passa in fretta, tra confidenze e complimenti, sinceri quanto ben remunerati. Sono le 2 meno 10, dobbiamo uscire. Per restare occorre bere ancora. Saldiamo il credito: 220 euro, 110 a testa. E all’esterno, con il freddo pungente della notte varesina, respiriamo una boccata d’aria fresca.
AL MANILA
Le due del mattino sono passate da qualche minuto. Ma il viaggio continua al Manila di viale Borri. Un altro “club” a luci rosse. Solite facce, soliti sguardi. Ci sediamo al banco e ordiniamo due drink. Anche qui le ragazze non mancano. I soldi nel portafoglio invece scarseggiano. Possiamo solo chiacchierare. Siamo espliciti e diretti. Chiediamo di fare “qualcosa” nel locale. Lo facciamo al banco, platealmente, per farci sentire da tutti. Nessuno stupore. Lei ci sa fare. Coordina le altre con il polso della situazione, con le sue regole. “Prima ci offrite qualcosa, poi si può parlare”. Intanto avverte: “Niente rapporti all’interno del locale”. Senza troppa convinzione. Sintomo piuttosto evidente che anche su questo fronte ci sono degli spiragli. E farlo fuori con te? “Certo che si può”. Ma per attraversare la strada anche in questo caso bisogna pagare il pedaggio. È categorica la nostra guida. “Prima dovete ordinare: le bottiglie di spumante partono da 130 euro; ci sediamo, facciamo quattro chiacchiere e poi si vede”. Cerchiamo allora di by-passare la formalità del prosecco per arrivare subito al sodo. Nulla da fare. “Non è corretto nei confronti del locale. Noi lavoriamo qui, non possiamo andare con i clienti se prima non abbiamo bevuto qualcosa. È la regola”. Quindi i gestori sanno. È chiaro. Respingiamo altre due o tre ragazze, paghiamo il conto (20 euro) e lasciamo il Manila. Non prima però di aver notato la meticolosa precisione da ragioniere che la barista dedica alla registrazione degli importi delle consumazioni. Ogni nome una cifra. Su un grosso quaderno a quadretti, preambolo cartaceo al sesso reale. Un quaderno appoggiato al bancone di un locale che, come altri, dovrebbe essere sparito per sempre dalle pagine bianche.
[LA PROVINCIA DI VARESE 24 novembre 2007]

Gli scontrini

Ecco gli scontrini delle consumazioni che abbiamo effettuato durante la notte. I prezzi sono esorbitanti, abbiamo consumato unicamente delle birre e dello spumante di quart'ordine.