CAIRATE 180 battiti per minuto. Le note solide dei giganteschi subwoofer entrano dritte nella pancia. Da lì nel cervello. Ed è uno sballo. Un esercito di neo molleggiati e cyber giovani si fanno travolgere da un muro di luci e musica, agitandosi come in una pazza tarantella collettiva. È il rave. L’ambientazione postmoderna e suburbana, dove dominano buio, polvere e tecnologia, mi rimanda la mente ad atmosfere lette solo nei romanzi di Philip Dick. Sono stregato. L’evento ha raggiunto proporzioni che mai avrei immaginato poter riscontrare in terra varesina: un’orda tecnoprimitiva si è radunata nei capannoni abbandonati di una cittadina di provincia, spuntando quasi dal nulla, per un evento che si è costituito da sé, e che ha richiamato migliaia di giovani da tutta Europa, regolato da meccanismi che non riesco ad indagare. Sembra di vivere in uno spazio tempo dominato da regole proprie, dove la libertà e l’antiautoritarismo si mescolano fino a creare un brodo di eccitazione consapevole. Le elucubrazioni sullo straordinario fenomeno mi bastano per “sballare” e rinuncio dunque volentieri alle vasta gamma di proposte narcotiche che esplorano tutto lo scibile nel campo delle droghe, leggere o pesanti che siano. Mi fermo ad acquistare una birra ad una delle decine di bancarelle spontanee che contornano l’area della festa. Assieme alla birra, al caffè e ad un panino con la mortadella si possono acquistare dosi di cocaina, eroina, md, speed o trip. Non manca nulla. Tutto è tremendamente alla portata. Così passato e futuro vivono in un presente incorporeo ed evanescente. Esperienze lisergiche anni settanta si mescolano a quelle tutte anfetaminiche figlie delle più recenti e trasgressive tendenze celebrolesive. Non ci faccio caso. Fuori dai capannoni sento parlare in tedesco, spagnolo, inglese, tra gli italiani i dialetti e le inflessioni tradiscono provenienze da tutto lo stivale. Entro e mi butto nella mischia. Un muro di casse sparano musica techno, house e hardcore a un volume assordante, sotto ai piedi calpesto una coltre di lattine e vetri rotti, incrocio gli sguardi allucinati dei raver più accaniti assieme a quelli increduli dei neofiti. Tutt’intorno a me è un continuo dondolio di corpi ad un ritmo allucinante. Per ore ed ore. Esco a prendere un po’ di aria e mi accorgo che è quasi mattino. Le orecchie fischiano e la testa pulsa. Le orecchie hanno sentito troppo e le gambe non reggono più. Così guadagno la via di casa e lascio che la festa continui. Passo sotto al ponte di Cairate. Ritrovo la mia macchina e faccio ritorno nel mondo reale.
[LA PROVINCIA DI VARESE - Aprile 2007]
[LA PROVINCIA DI VARESE - Aprile 2007]
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