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La psicosi dei rave
Ora è psicosi rave. Un allarme rosso scattato tra i sindaci del Varesotto. Tutto per colpa di un tam tam in viaggio su internet che annunciava per il 5 aprile un nuovo raduno in Lombardia. La realtà delle cose è ben diversa: il raduno techno illegale avrebbe dovuto tenersi nell’hinterland milanese ma è stato annullato dopo la scomparsa di Mattia Lo Castro, il 19enne di Castellanza stroncato da un’overdose il giorno di Pasqua, dopo aver preso parte al party illegale di Segrate. Insomma, il pericolo non sembrerebbe essere imminente. Anche perché in queste ore, un po’ in tutto il nord Italia si susseguono le cancellazioni dei raduni già organizzati. Infatti oltre al rave milanese che era previsto per il 5 e 6 aprile, è stato annullato anche l’evento organizzato in zona Mantova per il 30 marzo. Dopo il clamore mediatico suscitato da questa tragedia sarebbe difficile passare inosservati. Continuare a smerciare incontrastati la stessa droga che ha ucciso il 19enne senza suscitare le reazioni sdegnate dell’opinione pubblica e gli interventi delle forze dell’ordine. Meglio lasciar calmare le acque, fingere un letargo momentaneo e poi riemergere non appena la morsa dei controlli si sarà allentata. Non mancano, invece, i party legali, ospitati nei centri sociali, magari con ingresso a pagamento. Così, in queste ore, il movimento raver si comporta come un fiume che rientra negli argini dopo la piena. Un fiume turbolento, che è pronto a tracimare nuovamente alla prima pioggia e a travolgere tutto con la propria forza devastante. I prossimi tecknival, così si chiamano i rave che durano più di una notte, sono già stati programmati. Il “Free open air party” è in calendario il 2 e 3 maggio in una non meglio identificata località del nord Italia. Altri sono già pubblicizzati da tempo sui siti internet specializzati e riguardano feste in tutto lo Stivale, ma ce ne sono a decine anche in altre nazioni europee, con la Francia a farla da padrona. Così, al grido di Così, al grido di "Rave is not a crime (i rave non sono un crimine ndr)" continua l’azione devastante di questo movimento di protesta, che vive nell’estasi, nutrendosi di musica e tecnologia. Un movimento senza politica, che rincorre un’utopia irraggiungibile. Un movimento a cui non interessa essere accettato, accolto o compreso. "Noi siamo un villaggio tribale, globale, di massa, che non dipende dalla legge fatta dall’uomo, dallo spazio e dal tempo stesso. Noi siamo un’unità. L’unità". Così è come si raccontano. Questo è quello che sperano di diventare.
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