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venerdì 2 maggio 2008

Prima le fiamme poi la burocrazia

VIGGIÙ “Vogliamo rientrare nelle nostre case”. E’ questo l’appello lanciato dalla 78enne Luciana Zanini, da Annamaria Olivetto di 83 anni e da Claudia Roncoroni di 73. Sono loro le tre donne anziane di Viggiù che nella mattina di domenica 24 febbraio, per colpa di un incendio, sono state costrette ad abbandonare le loro case. Tre appartamenti, uno sopra l’altro, in via Sant’Elia danneggiati dal fuoco divampato da una stufa a gas e ora sotto sequestro. “E’ ancora tutto sigillato – raccontano – . Questo è assurdo: non possiamo nemmeno entrare per prendere i nostri vestiti, le medicine, le scarpe e tutto ciò che ci è indispensabile per vivere”. Il fuoco ha intaccato le loro case. Non certo il loro spirito. Energiche, combattive e per nulla intenzionate a mollare ora sono sul piede di guerra. “Non chiediamo la carità. Nemmeno soldi. Ma solo che quei maledetti sigilli vengano tolti”. E per fare valere le loro ragioni sono pronte a tutto. “La nostra pazienza ha un limite – tuonano – e se la situazione di stallo non si sblocca andremo insieme ad aprire i nostri tre appartamenti. Poi dovranno portarci via ammanettate perché da sole non ci muoveremo. La galera non ci spaventa perché vivere così è come essere in gabbia”. Tutte tre ospitate dalle famiglie devono fare i conti con un dispiacere più grande dell’incendio: la rinuncia ai propri spazi vitali. Una quotidianità, impressa negli anni nel loro Dna, ora mutata radicalmente. “Anche il Comune sembra essersi dimenticato di noi. Dopo che i nostri figli ci hanno preso in casa – spiega Annamaria – le soluzioni alternative che ci hanno prospettato sono altri appartamenti ma in affitto. Quell’affitto che noi continuiamo a pagare per le nostre case sequestrate. E con poco più di 600 euro di pensione non possiamo fare miracoli. Noi vogliamo che si impegnino per sbloccare la situazione”. Un impegno questo cui il sindaco Federico Rizzi non si sottrarrà. “Oggi – conferma – analizzerò la situazione per mettermi in contatto con il magistrato”. Luciana, poi, in via Sant’Elia ha lasciato anche il suo cane. E tre volte al giorno torna per prendersi cura di lui. “Le abbiamo provate tutte per accelerare i tempi. Anche con gli avvocati – si sfoga – ma sembrano tutti sordi”. Claudia Roncoroni, invece, è la padrona di casa. E sarebbe pronta a dare subito il via ai lavori di ristrutturazione con il benestare dell’assicurazione. “Ma è tutto fermo – ammette – in attesa del via libera”. In un rimpallo di responsabilità tra carabinieri, procura e periti. Con il tempo che passa fiaccando lo spirito delle tre pensionate. Perché di fronte alle richieste di queste nonnine “rock”, il silenzio della burocrazia appare davvero troppo lento.

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