"Please, visit our country". Nelle orecchie degli italiani ancora riecheggia l’accorato appello di Francesco Rutelli che, qualche anno fa, in un video pubblicato on line, chiedeva ai turisti di tutto l’universo conosciuto di visitare il Belpaese, suscitando l’ilarità generale. In pochi minuti Rutelli riuscì nel difficile tentativo di consegnare alla storia l’esempio massimo dell’essenza dell’italianità, affermando l’immortalità di uno stereotipo già duro a morire: quello che vede gli italiani primeggiare nell’arte dell’arrangiarsi e del tirare a campare, dei furbi mattacchioni, tanto simpatici e disorganizzati. Purtroppo in questi mesi non sembra che Varese stia facendo molto per sottrarsi a quell’idea. I siti dedicati ai mondiali offrono notizie ridondanti, chi opera nel settore turistico non sembra formato adeguatamente per rispondere alle domande di un turista interessato ai mondiali di ciclismo. Mondiali che forse vengono visti unicamente come un business, senza che alle spalle sia stata creata e costruita una reale cultura dell’accoglienza, che prevede la costruzione di un mondo di attenzioni alle esigenze degli ospiti. Così stupisce che i siti in tedesco siano una rarità, quando i tedeschi sono il primo riferimento per il settore turistico della nostra provincia. Stupisce che in concomitanza con un mondiale di ciclismo non si riescano a trovare informazioni su dove noleggiare una bicicletta e stupisce che le informazioni per l’accesso alle strutture turistiche siano lasciate alla buona volontà dei singoli operatori e delle associazioni di categoria che, come è giusto che sia, devono curare il proprio interesse e non della promozione del territorio.
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