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sabato 6 settembre 2008

Un viaggio nell'abbandono

BESANO Un viaggio nel degrado e nell’abbandono del tempio Della paleontología italiana e mondiale. Da qui aveva preso le mosse, intorno alla metà di agosto, la nostra inchiesta sugli scavi incustoditi e i reperti fossili abbandonati al “Sasso Caldo” di Besano. Lì, dove fino al 2005 era in corso la campagna scientifica coordinata dal Museo Civico di Storia Naturale di Milano, abbiamo trovato solo una baracca pericolante e senza alcuna protezione e diversi reperti, incustoditi, abbandonati all’interno. E nei pezzi di dolomia, disposti alla rinfusa su assi di legno tutt’altro che degne dell’importanza scientifica di ciò che dovrebbero custodire è stato piuttosto facile intuire che non si tratta di semplici sassi. Anzi. Su quelle assi non è stato difficile intuire proprio parte di un Colobodus, pesce del Triassico medio, base dell’era Mesozoica, risalente a qualcosa come 240milioni di anni orsono. Tesoro scientifico che affiora solo parzialmente in attesa di una preparazione tecnica che lo porti completamente alla luce. Ipotesi che proprio una nostra inchiesta aveva denunciato con forza nelle scorse settimane insieme all’incuria in cui veniva conservato tutta la porzione di scavo del sito paleontologico di interesse mondiale. Reportage, con tanto di fotografie agghiaccianti cui avevano fatto seguito le parole rassicuranti di Giorgio Teruzzi, direttore scientifico degli scavi e paleontologo della struttura museale milanese che aveva parlato “non di fossili ma di semplici rocce dal valore scientifico non elevato”. Eppure le foto che avevamo scattato lasciavano davvero poco spazio all’immaginazione al punto che al professor Heinz Furrer, paleontologo all’Università di Zurigo sono bastati pochissimi minuti per analizzarle e descriverle senza dubbi. “Quelle foto – ha spiegato – mostrano una parte di un grande pesce del genere Colobodus, tipico della formazione di Besano - Monte San Giorgio. La maggior parte delle fotografie mostra le tipiche lucenti scaglie dalla forma romboedrica. Una in particolare, invece, mostra la parte destra dell’osso cranico con piccoli punti e tubercoli del pesce che poteva arrivare fino agli 80 centimetri di lunghezza”. Dichiarazioni acquisite anche dalla Digos che, dopo aver avuto notizia della nostra inchiesta non ha perso tempo nell’aprire un fascicolo, acquisendo anche le foto che noi nel corso del sopralluogo iniziale avevamo potuto scattare nella baracca, e ieri ha raggiunto un primo risultato concreto. Il sequestro, che rappresenta una vera e propria operazione di salvataggio, di reperti inestimabili per la scienza e la storia naturalistica di un territorio. Fossili che ben presto potrebbero, come gia’ accaduto peri l versante svizzero del San Giorgio nel 2003, essere considerati “Patrimonio dell’Umanità”. Di certo resta il sospetto fondato che altri reperti “abbandonati” in quella baracca non abbiano avuto eguale fortuna: finiti nelle mani di qualche “visitatore” o passante incuriosito dalla paleontología. Perplessità condivise dagli stessi agenti della Digos che ora tenteranno in fase di indagini di chiarire esattamente tutte le responsabilità legate al caso ed eventuali colpevoli di una situazione paradossale nella sua gravità.

2 commenti:

Altra Tradate ha detto...

brava Procura e brava Digos e bravi coloro che hanno fatto emergere la questione!

Anonimo ha detto...

cavolo mi avete censurato

leggetevi l'art. 21 costituzione e aspettatevi la segnalazione all'autorità

cordiali saluti, sempre vostro, Don Flavio Carugati, il prete della rete